Proprio nel giorno in cui il Comune di Firenze ha assegnato la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro per come ha condotto la vicenda della figlia Eluana morta per disidratazione il 9 febbraio scorso, Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita, ha chiesto di attribuire l’onorificenza a suor Rosangela, che ha accudito la ragazza per molti anni.
Martedì 30 marzo la Giunta che governa la città di Firenze ha assegnato la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro.
La cerimonia è stata al centro di proteste e polemiche con l’opposizione che ha lasciato l’aula per protesta, sostenendo che l’onorificenza “non ha altra spiegazione se non forse quella di voler apportare con un atto simbolico il proprio irresponsabile contributo alla campagna di legittimazione dell’eutanasia”.
Il Presidente del Movimento per la Vita, che è fiorentino, è intervenuto nella vicenda chiedendo che “il Comune di Firenze attribuisca la cittadinanza onoraria a suor Rosangela che per anni è stata accanto a Eluana e che insieme alle sue consorelle aveva chiesto di poterla continuare ad assistere amorevolmente senza chiedere niente in cambio se non il silenzio”.
“Non ignoro il dolore che avvolge la vicenda di Eluana e non intendo condannare nessuno, - ha precisato Casini - ma un tenace accanimento giudiziario il cui esito è la morte di una persona cara, non può essere proposto come modello ai molti che assistono persone sofferenti, morenti o portatrici di handicap”.
La tragica fine di Eluana Englaro solleva ancora una infinità di domande: è stato un affare privato o una vicenda che riguarda tutti? E' stato il trionfo dell’autodeterminazione del paziente e del rifiuto dell’accanimento terapeutico? E i giudici: si sono limitati ad applicare la Costituzione e le leggi o hanno pronunciato una ingiusta condanna a morte?
Per trovare una risposta a queste e altre domande, Giacomo Rocchi, Giudice Penale presso il Tribunale di Firenze, ha scritto il libro “Il caso Englaro, le domande che bruciano” (Edizioni Studio Domenicano, 124 pagine, 9,50 Euro).
Secondo il giudice Rocchi, Eluana “non ha mai chiesto di essere uccisa, nemmeno quando si è rappresentata lo stato di incoscienza in cui avrebbe potuto cadere”.
La stessa Corte di Cassazione, nella sentenza dell’ottobre 2007, parla di “volontà presunta, non accertata ed attuale; volontà desunta anche se non esplicita, quindi volontà non accertata”.
Il libro di Rocchi solleva dubbi sulla istruttoria tenuta dalla Corte d'Appello di Milano svolta senza contraddittorio, senza che nessun difensore di Eluana potesse controesaminare i testimoni o indicare testi che riferissero circostanze diverse
Secondo il Giudice di Firenze “la Corte smentisce se stessa”, perchè nel 2006 aveva sostenuto che non si poteva “evincere una volontà sicura di Eluana contraria alle prosecuzione delle cure e dei trattamenti che attualmente la tengono in vita”.
Rocchi critica la Corte che “indica come fonte principale di conoscenza la testimonianza dello stesso tutore che chiede la morte dell’incapace” e che “inizia ad argomentare in modo confuso e inconcludente sul carattere indipendente, amante della vita e deciso della ragazza”.
L’autore del libro precisa che anche la testimonianza sulle parole dette da Eluana di fronte all’amico caduto in coma a seguito di un incidente - “era meglio che fosse morto piuttosto che rimanere immobile in un ospedale in balìa di altri attaccato ad un tubo, per cui era meglio morire” - non permettono affatto di affermare che la giovane voleva essere uccisa nel caso ciò fosse capitato a lei.
Eluana aveva pronunciato quelle frasi senza alcuna consapevolezza che sarebbero state utilizzate contro di lei in un procedimento giudiziario, la ragazza non sapeva che i medici che l’avrebbero curata avrebbero considerato quelle frasi come vincolanti e che quella frase sarebbe stata interpretata come una condanna a morte nei suoi confronti.“Giustamente – ha sottolineato Rocchi – è stato detto che, dopo la sentenza della Cassazione, dobbiamo stare tutti attenti a quello che diciamo, in qualsiasi occasione e parlando con qualsiasi persona”.In conclusione il giudice di Firenze sostiene che “non è stata Eluana, ma il padre a decidere la sua morte; e infatti la Corte d’Appello di Milano ritiene necessario e sufficiente accertare che la richiesta di interruzione del trattamento formulata dal padre in veste di tutore rifletta gli orientamenti di vita della figlia”.
(Fonte: Zenit, 1 aprile 2009)
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