giovedì 15 maggio 2008

Allam: meglio Magdi che Cristiano

Può sembrare un paradosso: ma questa volta non è Umberto Eco, non Gianni Vattimo, non Eugenio Scalfari: in Italia i veri baluardi del relativismo che tanto preoccupa Benedetto XVI e la Cei non sono questi, ma i missionari gesuiti e comboniani, certi docenti dell’Università Cattolica e certe moderne riviste gesuite.
Basta vedere i loro commenti al Battesimo di Magdi Cristiano Allam, vera e propria pietra dello scandalo. A scandalizzarsi, infatti, in nome della sostanziale equivalenza di tutte le religioni, di quel che il Papa ha fatto durante l’ultima veglia pasquale, sono stati proprio i signori suddetti. Leggere per credere.
“Nigrizia”, la principale rivista comboniana, ha dedicato alla conversione di Allam un’intervista col protagonista stesso, mettendo però le mani avanti. «Nei documenti ecclesiali e nelle pratiche missionarie degli ultimi decenni», si legge nell’introduzione, «si possono evidenziare due tendenze: quella che concepisce l’evangelizzazione come un “conquistare a Cristo” le altre fedi (un’iniziativa che dovrebbe risolversi con la loro annessione alla chiesa) e quella che vede, invece, la missione nel contesto dell’orizzonte del Regno di Dio e concepisce l’attività missionaria come un continuo dialogo e confronto, che non prevede né vincitori né vinti [e quindi ognuno al posto suo, con buona pace dell' "andate... predicate... battezzate"! n.d.r.]. I cristiani – i missionari in particolare – sono oggi chiamati ad accettare la coesistenza di fedi differenti non “di malavoglia”, ma di “buon grado”». Quale tendenza prediligano quelli di Nigrizia si capisce bene dal linguaggio e dalle maiuscole che usano: Regno di Dio maiuscolo, Chiesa minuscolo; i termini associati al passaggio da una religione al cristianesimo sono “conquistare”, “annessione”, “vincitori e vinti”; quelli che descrivono la situazione in cui questo passaggio non avviene sono “dialogo”, “confronto”, “Regno di Dio”. Si può immaginare quanto stia loro simpatico Magdi Allam. Viene poi da chiedersi cosa dovrebbero accettare di “buon grado” delle altre religioni i missionari cristiani: il precetto islamico del jihad? La poligamia? I sacrifici umani e la schiavitù femminile dei culti tradizionali africani? La divisione in caste degli indù? La reincarnazione che è negazione della responsabilità individuale presso buddisti e indù?
I gesuiti vanno oltre. Sulla loro rivista “Popoli” (che un tempo si chiamava Popoli e Missione, poi hanno pensato bene di togliere la parola “Missione” dal nome) affidano il commento del battesimo di Magdi Allam a un confratello residente in Siria. «La luna della preoccupazione prioritaria per le libertà di religione e di coscienza – scrive padre Paolo Dall’Oglio – ha offuscato il sole della discrezione caritatevole, del rispetto dei sentimenti dei musulmani e della rinuncia al proselitismo… Sono scoraggiati numerosi sforzi per costruire armonia e amicizia, tanto nei quartieri delle città europee che nei paesi di secolare e pacifica coesistenza islamo-cristiana». Nei paesi di secolare e pacifica coesistenza i-slamo-cristiana come la Siria i cristiani sono scesi dal 30 per cento della popolazione totale del 1970 al 10 di oggi, ma di questo padre Dall’Oglio non appare preoccupato, anzi, in altra parte dell’articolo spiega di essere d’accordo con una madre cristiana siriana sposata a un musulmano che vorrebbe impedire al figlio musulmano di farsi cristiano, come lui desidera. Quel che lo preoccupa è altro: «È difficile sfuggire all’impressione che la sacra bandiera della libertà di coscienza sia utilizzata dall’Occidente come un cavallo di Troia da introdurre nel mondo musulmano al fine di disintegrarlo». Cioè non è la mancata accettazione della libertà di coscienza che disintegra il mondo musulmano in guerre intestine fra sunniti e sciiti, fra islamisti radicali e musulmani tradizionali. No, è tutta colpa di un complotto occidentale volto a introdurre quel principio che in Europa ha posto fine alle guerre di religione e gettato le basi della democrazia. Anche il linguaggio utilizzato da Popoli è interessante: la pubblica fede in Gesù Cristo è luna, meno importante del sole, che coincide col dialogo interreligioso; alla prima è associata la parola “proselitismo”, al secondo le parole “armonia e amicizia”. La superiorità del dialogo fra uguali rispetto all’affermazione dell’unicità di Cristo, secondo l’autore del testo e i suoi amici milanesi, dovrebbe essere addirittura dogmatizzata: «La conversione a Gesù è entrare in una logica di carità che tutto scusa e tutto salva… L’avversione teologica verso le religioni islamica o ebraica o altra potrebbe essere un motivo sufficiente per rinviare il battesimo e, comunque, per non fargli propaganda». Sì, avete letto bene: il prerequisito per il Battesimo non è più la fede in Gesù Cristo, ma la fede nel relativismo religioso.
Sulla stessa falsariga si muove “Aggiornamenti sociali”, altra rivista gesuita. Per commentare e contestualizzare la notizia del Battesimo di Allam con «una meditata riflessione sul tema delle conversioni fra le due grandi religioni monoteiste», il periodico diretto da padre Bartolomeo Sorge si affida niente meno che alla penna di Paolo Branca, docente di lingua araba all’Università Cattolica di Milano che alcuni mesi fa promosse una raccolta di firme di accademici e umanità varia contro Magdi Allam, reo di aver criticato in un suo libro i docenti universitari di islamistica italiani, accusati di una certa ignavia nei confronti degli estremisti islamici. Senza spendere una parola sul suo conflitto di interessi, Branca entra subito nel vivo dell’argomento e, dopo una descrizione dello stato dell’arte, formula giudizi di valore. Il primo è che «il proselitismo è diventato, specie dopo il Concilio Vaticano II, una forma di impegno religioso meno stimato rispetto alla testimonianza… Conoscersi e rispettarsi dovrebbero essere l’obiettivo principale cui tendere». Le conversioni sono legittime ma «è sempre preferibile tenersi al riparo da ogni forma di enfatizzazione, di cui la spettacolarizzazione mediatica è una delle più insidiose». Infine il Battesimo cristiano di un musulmano dovrebbe essere vissuto «come un compimento piuttosto che come una cesura», dovrebbe essere «esempio di una rara ed emblematica doppia fedeltà». Le stilettate contro Allam che ha definito la propria conversione «una svolta radicale» e contro Benedetto XVI che ha creato le condizioni perché il suo Battesimo andasse in mondovisione sono palesi. Il professore non sembra turbato dal fatto che Gesù abbia detto esplicitamente che nessuno può servire due padroni. E nemmeno tenta di spiegare perché il Papa meriti di essere accusato di spettacolarizzazione mediatica insidiosa quando battezza un musulmano, mentre nessuno ha da ridire quando prega alla musulmana dentro una moschea a Instanbul o prega con gli esponenti di altre religioni ad Assisi, e le immagini fanno ugualmente il giro del mondo. Preferisce invece lanciarsi in una spericolata esegesi del passo del Vangelo relativo all’incontro fra Gesù e il centurione romano che chiedeva la guarigione del suo servo, e la cui fede fu lodata da Cristo perché riconosceva che sarebbe bastata la sola parola di Gesù affinché la guarigione avvenisse. Ma secondo Branca il Figlio di Dio lodò piuttosto la discrezione, il rispetto per il diverso e il relativismo culturale di quel soldato di Roma. «Il romano – scrive – presumibilmente avrà percepito il rifiuto degli ebrei di contaminarsi entrando nelle case dei pagani come una sorta di arroganza. Riconoscendo in Gesù una forza salvifica e pur constatando la sua disponibilità a recarsi da lui per curare il servo malato, non volle tuttavia che egli facesse un gesto contrario alla sensibilità del suo popolo e formulò la famosa frase che tanto piacque al Messia e che ancora oggi il cristiano recita al momento di accostarsi all’Eucarestia».
Nel corso dei secoli poteri e contropoteri hanno sempre strumentalizzato la Parola di Dio per piegarla alle proprie preferenze e ai propri interessi. Negli anni Sessanta-Settanta la teologia della liberazione ha cercato di piegare testi come il Magnificat o il discorso della montagna a un’interpretazione politica di tipo socialista e rivoluzionario. Oggi i fautori del relativismo religioso e culturale s’ingegnano di trovare giustificazioni alla loro posizione nei testi evangelici. E contemporaneamente di presentare in una luce negativa chi antepone lo splendore dell’incontro personale con la verità all’ambiguità di un dialogo interreligioso dove uno dei due dialoganti, come ben dice Magdi Allam, «si sottomette e si nega dei diritti e delle libertà» che invece riconosce alla controparte. Di costui diranno che vuole la guerra anziché l’amicizia fra i popoli e che favorisce disegni politici di dominio. Ma la ragione profonda dell’imbarazzo di fronte al Battesimo di Allam non dipende dalle sue opinioni politiche. Il vero motivo è il senso di colpa che Allam risveglia nei fautori del cristianesimo ridotto a sedicente dialogo interreligioso. Allam fa quello che facevano i primi cristiani e che i cristiani relativisti non fanno più: si espone all’ostilità, al rigetto e all’irrisione in nome di Cristo. Di più: affermando con calore la verità della fede, mette allo scoperto la tiepidezza di quei cristiani che sulla questione della verità preferirebbero glissare. Perché, dicono, in realtà tutte le religioni, compresa quella cristiana, non esauriscono la verità. Il che può anche essere vero. Ma diventa una giustificazione per tutta un’altra faccenda: il vergognarsi di Cristo. Però «chi si vergognerà di me davanti agli uomini, anch’io mi vergognerò di lui davanti a Dio». (Rodolfo Casadei, Tempi.it, 13 maggio 2008)

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