giovedì 1 maggio 2008

Il Grillo miliardario ora fa l’indignato: le lacrime del coccodrillo.

Nella sua Genova direbbero che «o meize de ciòule o ven pe tutti». Il periodo delle cipolle (e quindi delle lacrime) viene per tutti. Anche per Beppe Grillo, più abituato a sudare che a piangere. Per mandare in crisi il governo ombriciattola di Savonarola è bastato poco: giusto l’ennesimo intervento sul sito. Che stavolta però ha raccolto ben pochi proseliti tra gli adepti dei «vaffa» e che rischia di diventare un boomerang tra quanti già contestavano al comico l’invito all’astensione in occasione delle elezioni politiche.
Tutto nasce dalla presenza del reddito di Grillo nella tabella pubblicata da Italia Oggi: nel 2005, nelle sue tasche sono finiti 4.272.591 euro. Come Maurizio Costanzo, il triplo di Caltagirone, più di quanto dichiarato da Santo e Donatella Versace insieme. Vuoi per l’attenzione molto zeneize alle palanche, vuoi per un’improvvisa passione per la privacy dopo mesi di strali contro i truffatori, fatto sta che Grillo si indigna: «È una follia. Dopo l’indulto, questo ex governo di imbelli, presuntuosi e deficienti fornisce ai criminali le informazioni sul reddito dei contribuenti. Pagare le tasse così è troppo pericoloso, meglio una condanna per evasione fiscale. Scriviamo a Tremonti perché ristabilisca le regole».
Insomma, fuoco e fiamme contro l’operazione trasparenza, tacciata di fomentare «odi familiari», «rapine in villa» e racket. Fuoco e fiamme spente tuttavia dai suoi discepoli, allibiti, delusi o adirati. «La mafia non ha bisogno di internet - scrive Stefano Alimonti -. Caro Beppe, hai qualcosa da nascondere? ». E ancora Fabio: «Devi fare il bastian contrario anche quando ci sono aperture sulla trasparenza? La gente poi si stanca. Anche di te». E Francesco: «Vogliamo la libertà di informazione? Questa era la volta giusta. Hai sbagliato». Quel che secca ai grillini è che da lui, censore del malcostume, ci si aspettava un plauso all’apertura. Invece, ecco che Grillo si avvita sul suo livore e strepita. E stupisce anche i più affezionati, come Mauro: «Io ho partecipato ai V-Day e che Grillo guadagni 4 milioni non mi tocca. Ma non capisco questa rabbia quando la maggioranza degli italiani non ha nulla da temere». C’è chi rilancia e chiede di «allungare» la lista di Visco, chi chiede al comico un prestito, chi lo prega di dare «una risposta più riflessiva».
Il clima che si respira è ben teso e i commenti negativi si moltiplicano. C’è il caustico Leonardo Perazza: «Sputtanato in pieno! Sei peggio di Wanna Marchi, ecco qual era lo scopo delle tue chiacchiere». E c’è Mauro, lo scolaro che supera il maestro: «Sì alle dichiarazioni pubbliche! Facciamoci il V-Day 3, anche contro Grillo, se lui non è d’accordo!». Perché a Genova dicono pure «sciuscià e sciorbì no se pêu». Soffiare e succhiare non si può. Come non si può fondare un blog al grido di «Internet è la nostra unica speranza» e poi indignarsi se in rete ci finiscono i propri guadagni. Non è che la trasparenza è diventata di parte come i giornalisti? (Marco Zucchetti, 1 maggio 2008). D’altra parte i castelli che nascono sulla sabbia sono destinati a franare inesorabilmente.
Ma chi è veramente il Grillo urlante?
Ce lo tratteggia su “Il Giornale” un suo amico d’infanzia, co-animatore di “merende giovanili” .
«Beppe Grillo? Un falso difensore dell’uomo comune, che gli assicura un business da 4 milioni di euro… Queste righe sono dedicate alla decodificazione di alcune balle su Beppe Grillo e di Beppe Grillo. Anzitutto delle precisazioni. Come già detto, Giuseppe Piero Grillo non ha solo fruito due volte di un condono fiscale tombale, ma anche di un condono edilizio nella sua villa di Sant’Ilario. Come poi si è visto, sua la pretesa di impedire la candidatura di chi abbia avuto delle condanne penali in giudicato: regola che non esiste in nessun Paese del mondo, e che precluderebbe ogni candidatura, quella dello stesso Beppe Grillo, che è pregiudicato per omicidio colposo plurimo.
A questa condanna, va aggiunto un patteggiamento per aver definito Rita Levi Montalcini «vecchia p...» in un suo spettacolo del 2001: dovette pagare 8400 euro e la causa civile è ancora in corso, anche perché Grillo sostenne che la scienziata ottenne il Nobel grazie a un’azienda farmaceutica. A proposito dei referendum promossi dalle piazze grillesche, invece, vediamo che anche il promotore Antonio Di Pietro invoca che un parlamentare non resti tale per più di due mandati: ma non ha detto che lui, di mandati, ne ha già collezionati cinque, per un totale di anni 11. Anche Marco Travaglio, venerdì, ha tuonato contro i finanziamenti pubblici all’editoria: ma non ha detto che il suo giornale, l’Unità, percepisce più contributi di tutti, e non «come tutti i giornali italiani» (parole sue, rivolte alla folla beona del V-day), bensì nella modalità assai più danarosa riservata alla stampa politica; dalla Rai all’Unità, insomma, Travaglio è pagato coi soldi dei contribuenti. Per chiudere con la manifestazione di venerdì: Piazza San Carlo è grande 168 per 76 metri, dunque 12.768 metri quadri che moltiplicati per 3 (tre persone ogni metro, e sono già tante) dà 38.304 persone totali, non 120mila come dal blog di Grillo: «Eravamo in 120.000. Chi era presente lo sa e anche chi non c’era può informarsi in Rete».
Il Grillo censore
Grillo non a caso riconosce solo la rete, per quanto la cosa, nel tempo, si sia configurata come un’ossessiva paura del confronto. Interviste non ne rilascia, ed è nota l’esperienza del giornalista Sandro Gilioli: nel gennaio scorso si mise d’accordo col comico per un’intervista di quattro pagine, ma poi si vide respingere le domande perché definite «offensive e indegne»: tuttavia, una volta rese pubbliche, si sono rivelate del tutto ordinarie.
Poi c’è il capitolo libri: Grillo, semplicemente, è solito bloccare qualsiasi volume che lo riguardi. Nel 2003 fece diffidare e bloccare «Grillo da ridere» di Kaos edizioni, biografia a lui favorevole: la scusa fu che conteneva un’eccedenza di testi dei suoi spettacoli. Nel 2007 invece ha diffidato e bloccato «Chi ha paura di Beppe Grillo?» di Emilio Targia, Edoardo Fleischner e Federica De Maria, scritto per Longanesi: tre studiosi che hanno seguito Grillo per anni; aggiornato due volte, Longanesi infine ha lasciato perdere per non avere grane. Il libro, dopo che per analoghi motivi era stato rifiutato da ben 23 editori, è uscito infine per Selene edizioni giusto in questi giorni. La biografia «Beppe Grillo» uscita infine per Aliberti, e scritta da Paolo Crecchi e Giorgio Rinaldi, è nelle librerie dal novembre scorso nonostante le minacce fatte recapitare da Grillo, ai due autori, a mezzo del giornalista della Stampa Ferruccio Sansa, figlio del suo dirimpettaio Adriano. Tutte le cause, infine, per risparmiare, sono promosse dallo studio legale del figlio di suo fratello Andrea. Va anche detto che l’atteggiamento di Grillo, casta di se stesso, probabilmente non è solo ascrivibile alla preservazione di un culto della propria personalità: semplicemente, vuole essere l’unico a guadagnare col proprio nome. Il blog che non lo è Sotto questo profilo, la definizione corretta del suo celebre blog, aperto il 26 gennaio 2006, è «sito commerciale»: come tale è infatti classificato. I numeri parlano chiaro: un anno prima del blog, nel 2004, Grillo ha fatturato 2.133.720 euro; nel 2006, due anni dopo, ne ha fatturati 4.272.591. La politica del Vaffanculo sta rendendo bene. Nel citato «Chi ha paura di Beppe Grillo», i tre autori hanno monitorato il sito per tre anni osservando come Grillo, spesso con la scusa della battaglia per la democrazia e il finanziamento dei V-day, venda ogni genere di gadget: video del V-day, dvd dello spettacolo Reset, libro «Tutte le battaglie di Grillo», eccetera. Anche i circolini politici rendono: chi vuole aprire un fan club deve pagare 19 dollari per un mese (dollari, perché la piattaforma è negli Usa) che sono scontati a 72 per chi prenota un semestre. Per ora i circoli sono poco più di 500, ed è già un bel rendere.
Il moralista
Solo alla rete e a Grillo, dunque, dovremmo affidare le verità su Grillo. Tipo questa: «Ho avuto una Ferrari, ma l’ho venduta». Fine. Salvo scoprire, certo non sulla rete, che di Ferrari ne ha avute due, più Porsche, Maserati, Chevrolet Blazer, eccetera. Oppure, sempre parole sue: «Ho due case, una a Genova e una in Toscana». Fine. Salvo scoprire, certo non sulla rete, che una in effetti è a Bibbona, Livorno, 380 metri quadri e 5.600 metri quadri di terreno; ma risulta intestato a lui anche l’appartamento di Rimini dove stava con l’ex moglie, senza contare che la Gestimar, la sua società immobiliare gestita dal fratello, possiede i tre appartamenti a Marinelledda, una villa a Porto Cervo, due locali più garage a Genova Nervi e infine un esercizio commerciale a Caselle, oltreché un garage in Val d’Aosta. Oppure, ancora: «Ho avuto la barca, ma l’ho venduta». Salvo scoprire, certo non sulla rete, che di barche ne avute diverse; una forse l’avrà anche venduta, ma il panfilo «Jao II» di 12 metri, in realtà, risulta affondato alla Maddalena il 5 agosto 1997. C’erano a bordo anche Corrado Tedeschi (che oggi odia Grillo pubblicamente) con la sua compagna Corinne. La barca finì su una secca peraltro segnalatissima, e fu salvato dalla barca dei Rusconi, gli editori. Grillo fu indagato per naufragio colposo, procedimento archiviato. Un’altra volta, il 29 maggio 2001, riuscì nell’impresa si insabbiare un gommone nel profondissimo mar Ligure, alla foce del Magra: con lui c’era Gino Paoli, fu una giornata senza fine. Del condono tombale chiesto e ottenuto per due anni e per due volte dalla citata Gestimar, dal 1997 al 2002, diamo conto velocemente. Fu certo lecito, ma non obbligatorio. Il problema è che era esattamente il genere di condono contro il quale Grillo si era scagliato più volte, e in particolare con una lettera indirizzata al direttore di Repubblica risalente al giugno 2004. Se vorrà ne riparlerà Grillo medesimo, tra un vaffanculo e l’altro.»

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