Ho letto un commento all’articolo della Roccella, postato più sotto. Mi ha commosso e ho deciso di riportarlo. Grazie a Dio esistono ancora persone che credono e vivono per Dio, per la famiglia, per i figli. È la più grande benedizione per la nostra povera Italia.
«Gentile Signora Roccella, la seguo da tempo e sono rincuorata che ci siano donne come lei che si spendono nelle fatiche delle discussioni al femminile, temi roventi spesso trattati da donne chiuse ad ogni dialogo. L'ammiro per la sua voglia di continuare a discuterne, anche di fronte alle più rigide e fredde che il panorama complesso della Italia sinistra ci ha proposto. Mi sento coinvolta nella storia che ci racconta oggi, trascinata nella tristezza di Sandra soprattutto da quella cifra, 1300 euro al mese. Sono sposata da 9 anni, felici, pieni di amore e mi auguro di finire i nostri giorni mano nella mano. Mio marito ed io siamo stati benedetti dal Signore con l'arrivo di tre figli, la maggiore ha ora 7 anni, poi 4 anni la mediana e 18 mesi l'ultimo, un sorprendente regalo per il mio compleanno dei 40 anni che ci hanno spedito da lassu'. Ecco, tornando alla cifra, quando ci siamo sposati, nel 1999, mio marito aveva appena dovuto cambiare lavoro passando da dirigente a dipendente precario a causa del divorzio tardivo dei suoi genitori che avevano smembrato l'azienda di famiglia. Lui, per continuare insieme il nostro progetto di vita in comune, il nostro sogno, per potersi sposare, accetto' un lavoro di notte in una azienda che lo prese 'in prova', sempre in prova di mese in mese, senza un contratto di lavoro. Telefonai io al principale pochi giorni prima del matrimonio e lui casco' dalle nuvole meravigliandosi che la posizione del mio allora futuro marito non fosse ancora regolare. Arrivammo insieme al sagrato della Chiesa dove ci sposammo e subito prima della cerimonia il principale, che ora gli vuole bene come un figlio, mi mise in mano il contratto di lavoro firmato. Ci sposammo con quel contratto nella tasca del vestito da sposo. Era uno stipendio di 1100 euro al mese, e io ero precaria, talmente precaria, come solo i precari della ricerca universitaria possono essere, che, sebbene abbia speso fino all'ultima goccia di sudore per tenere dietro a tutti gli impegni che il mio capo-barone mi chiedeva, onorandoli tutti con successo, via via che nascevano i nostri bimbi i miei incarichi calavano tristemente. Ho onorato un incarico di insegnamento a Bologna, noi viviamo a Firenze, per 2 anni, portando di corsa le bimbe all'asilo e scaraventandomi su un intercity, il primo anno mentre aspettavo il nostro terzo bimbo, facendo esami col pancione di 6 mesi, e l'anno dopo lasciando il piccolo a mia madre e partendo in treno col tiralatte in borsa. Ecco, tutto questo partendo da quei 1100 euro al mese. Adesso sono aumentati, mio marito con la sua bravura ha ottenuto la promozione al turno di giorno, e io non ho piu' incarichi universitari. Ho pero' una famiglia meravigliosa e spendo cosi' volentieri le miei risorse umane per loro, per la loro crescita. Perche' i figli sono un impegno per la vita, ogni età con le sue esigenze, le sue sfide, difficile il lavoro dei genitori. Ma meraviglioso. A Sandra dico: parlane con tua mamma. Se lei avesse ragionato come te tu non ci saresti, ha il diritto di sapere secondo me. Ne vale davvero la pena cara, è una parte di te, forse la tua occasione per vedere il bello della vita, oltre che il brutto, non buttarlo via. Coraggio, non sarete soli con il vostro bimbo, ci saranno i vostri genitori, il ginecologo, l'ostetrica, e poi il pediatra, perfino l'ortolana puo' essere di conforto. Non pensare di essere sola, quando si diventa mamma si possono scoprire nuove amicizie, persone che ti stanno vicino in modo da sorprenderti, l'importante a chiedere. Chiedi, bussa, vedrai che ti sara' aperto. Un bacio grande, Anna». (Il Giornale, 1 maggio 2008)
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