Per
rilanciare in formato rivista il supplemento femminile de "L'Osservatore
Romano" si è scomodato nientemeno che il cardinale Pietro
Parolin, segretario di Stato.
Al suo
fianco, martedì 3 maggio nella Filmoteca di Palazzo San Carlo, adiacente a Casa
Santa Marta, c'erano naturalmente il direttore del quotidiano della Santa Sede,
Giovanni Maria Vian, e la coordinatrice di "Donne Chiesa Mondo",
Lucetta Scaraffia (vedi foto).
C'era
anche il prefetto della neonata segreteria per la comunicazione, monsignor
Dario Edoardo Viganò, che di per sé sarebbe in Vaticano l'autorità più alta in
materia, a maggior ragione nell'attuale fase di ristrutturazione dei media. Ma
stranamente se ne è stato in fondo alla sala e in silenzio, tra il pubblico in
piedi.
Stranamente
ma non troppo. Un mese fa, in un'intervista a "Rossoporpora",
Viganò non era stato particolarmente espansivo riguardo al futuro de
"L'Osservatore Romano". Aveva fatto presagire la riduzione della sua
attuale foliazione quotidiana a minuscolo bollettino ad uso della curia e delle
sole edicole attorno al Vaticano, perché "per noi è un po' la gazzetta
ufficiale, dato che vi vengono pubblicate le nomine". Mentre per gli
articoli più pensosi aveva ipotizzato un'uscita settimanale, come già avviene
per le edizioni in altre lingue.
Non
una parola sul supplemento "Donne Chiesa Mondo", che presumibilmente
per lui, Viganò, sarebbe più da chiudere che da rilanciare, visto quanto costa,
in tempi di conclamati tagli di spesa.
Il
cardinale Parolin, interpellato sui costi della nuova rivista, ha risposto che
un mecenate c'è e sono le Poste Italiane, quindi per adesso i conti tornano.
Ma è
evidente che in Vaticano la partita non è affatto chiusa. E il risultato è che
in questa fase di transizione incerta non si capisce più chi comanda nel
settore dei media né chi controlla che cosa vi viene pubblicato.
Proprio
"Donne Chiesa Mondo", ad esempio, è reduce da un pasticcio creato dal
suo numero di marzo, che aveva perorato con eccessiva disinvoltura
l'abilitazione delle donne a tenere l'omelia durante la messa, ignorando la
proibizione che lo stesso papa Francesco aveva ribadito all'inizio del suo
pontificato.
Ne era
conseguito un pubblico autodafé su "L'Osservatore Romano" ad opera di
uno dei colpevoli, il priore di Bose Enzo Bianchi:
Ma un
esempio ancor più lampante dell'attuale stato di confusione è l'articolo
apparso su "L'Osservatore Romano" lo scorso 26 aprile, intitolato
"Il disagio dei monoteismi" e riguardante un famoso egittologo e
teorico delle religioni, il tedesco Jan Assmann.
Già
l'autore dell'articolo qualche interrogativo lo suscita. È Marco Vannini,
fiorentino, rinomato studioso della mistica ma su posizioni lontanissime dal
credo cattolico.
Su di
lui "La Civiltà Cattolica" aveva espresso già nel 2004 un giudizio
senza appello, per la penna di padre Giandomenico Mucci, concludendo che
Vannini "esclude la trascendenza, sopprime le verità essenziali del
cristianesimo e per via neoplatonica approda inesorabilmente a una moderna
gnosi".
Ma
nonostante ciò dal 2014 Vannini è una firma ricorrente su
"L'Osservatore". E questa volta è stato affidato proprio a lui di
recensire un autore, Assmann, la cui tesi capitale è che i monoteismi, tutti,
in testa il giudeocristianesimo, sono per essenza esclusivi e violenti nei
confronti di ogni altro credo, all'opposto degli antichi politeismi, per
essenza pacifici.
Ebbene,
su "L'Osservatore" Vannini non prende minimamente le distanze dalle
tesi di Assmann, anzi, le condivide visibilmente.
Scrive:
"In
un tempo di rinnovata violenza in nome di Dio, una vera tolleranza religiosa,
capace di riconoscere la relatività senza scivolare nella banalità, può
sussistere solo superando la distinzione mosaica tra vera e falsa religione,
ripensando quel concetto di 'religione profonda' che Gandhi esprimeva come
'Religione con la R maiuscola', ovvero quella che lega indissolubilmente alla
verità che è dentro di noi e ci purifica sempre".
E
conclude:
"Nel
nostro mondo globalizzato la religione può trovare posto solo come 'religio
duplex', ovvero religione a due piani, che ha imparato a concepirsi come una
tra le tante e a guardarsi con gli occhi degli altri, senza nondimeno perdere
mai di vista il Dio nascosto, 'punto trascendentale' comune a tutte le
religioni.
"Siccome,
nonostante la globalizzazione, non ci sarà mai un’unica religione, un’unica
verità, un unico Dio, la 'religio duplex' è quella che permette di restare
uniti e solidali nel comune destino umano, al di là di tutte le
differenze".
L'articolo
integrale di Vannini è riprodotto in quest'altra pagina web:
Detti
in parole più forbite, vi si ritrovano i pensieri che Eugenio Scalfari
attribuisce a papa Francesco, circa i rapporti tra le religioni, interpretando
da par suo il papa. Ma se ora li scrive "L'Osservatore Romano"…
(Fonte:
Sandro Magister, Settimo cielo, 4 maggio 2016)
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