giovedì 2 ottobre 2008

Caro Malacoda, ti prego, evitiamo le battute facili

Mio caro Malacoda, non ti devi far trascinare dalla battuta facile. È vero che di solito funziona, che lo slogan è più efficace di un ragionamento, ma bisogna stare attenti a non indurre scintille di curiosità nei nostri assistiti. La curiosità, un’iniziale manifestazione di interesse per il vero, può, se supera lo strato di epidermide a cui solitamente si arresta (il distratto «Che cos’è la verità» di Pilato), diventare pericolosa. Te lo ripeto perché la divertente vignetta di Staino su Emme, l’inserto satirico dell’Unità di lunedì scorso, potrebbe indurre in tentazione chi provasse a prenderla sul serio. Cosa c’è di pericoloso in quella vignetta? Un suggerimento, un invito a informarsi direttamente alle fonti superando la vulgata e quindi la disinformazione. Dice Bobo a sua figlia leggendo la notizia su un giornale: «Il Papa leggerà la Bibbia in tv». Risponde la figlia: «Il vero scoop sarebbe stato che leggesse la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” dell’Onu». Si ride facile, l’obiettivo è raggiunto, il movimento delle mascelle blocca quello del cervello, ma… c’è un ma. Qualche anima ingenua potrebbe prendere sul serio l’indicazione bibliografica e andarsi a leggere la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” e scoprire che Benedetto XVI l’ha veramente letta, ed è uno dei pochi. E che se coloro che la citano in continuazione la leggessero, smetterebbero di citarla perché dovrebbero ammettere che quel documento dà più ragione all’arcigno teologo bavarese che non ai suoi detrattori. Perché quel documento fu il «risultato di una convergenza di tradizioni religiose e culturali, tutte motivate dal comune desiderio di porre la persona umana al cuore delle istituzioni, leggi e interventi della società, e di considerare la persona umana essenziale per il mondo della cultura, della religione e della scienza». Sarebbe difficile infatti negare che i diritti umani «sono basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà»; risulterebbe quindi arduo per chiunque misconoscere «il fatto che non solo i diritti sono universali, ma lo è anche la persona umana, soggetto di questi diritti». Una lettura non avveduta e non guidata di quella carta fondamentale internazionale potrebbe indurre nella mente del neofita che i diritti umani, oltre che “universali”, sono anche “indivisibili” e mandare così a monte sessant’anni di lavoro durante i quali abbiamo preso quel documento e l’abbiamo tirato da tutte le parti finché ne abbiamo fatto pezzettini sparsi, diritti singoli che vagano orfani per il mondo senza riferimento alcuno alla “persona” che dovrebbero difendere, appesi a un concetto di legalità che è diventato il loro unico fondamento. Ma l’esperienza ci insegna che quando la legalità prevale sulla giustizia, «i diritti rischiano di diventare deboli proposizioni staccate dalla dimensione etica e razionale, che è il loro fondamento e scopo. Al contrario, la Dichiarazione universale ha rafforzato la convinzione che il rispetto dei diritti umani è radicato principalmente nella giustizia che non cambia». Ti prego, a questo punto, di non chiedermi il nome dell’autore dei virgolettati, mi sono stufato di fargli pubblicità. Il cristianesimo, contrariamente alle malattie, se lo conosci non lo eviti più. Riguardati. Tuo affezionatissimo zio Berlicche. (Tempi.it, 2 ottobre 2008)

1 commento:

Anonimo ha detto...

complimenti
che bel blog
bloguanelliani