giovedì 9 ottobre 2008

La profezia dell’Humanae vitae

Fu solo per un rigurgito di reazione anticonciliare che Paolo VI, il 25 luglio del 1968, pubblicò l'enciclica Humanae Vitae? A quarant'anni di distanza bisogna dire che quel testo non era in ritardo sui tempi, ma era troppo in anticipo, cioè guardava troppo avanti. Paolo VI fu un vero e proprio profeta, seppe antivedere dove andava a parare quella "liberazione sessuale" che fu il dogma del Sessantotto.
Oggi (che la fecondità femminile è crollata; che la popolazione è in fase di invecchiamento; che le gravidanze sono sottoposte a pressioni eugenetiche; che il sesso è banalizzato e sganciato da un rapporto profondo d'amore tra le persone), oggi possiamo davvero sperimentare come l'enciclica mettesse in guardia l'umanità intera dal rischio di una tragica deriva.
E provate solo a pensare se il Papa avesse ceduto a tutte le pressioni e le intimidazioni che dentro e fuori la Chiesa lo spingevano a scrivere qualcosa di "aggiornato", di "progressista", di "in linea coi tempi".
Se la Chiesa avesse ceduto, non avesse innalzato una sofferta barriera, non avesse scelto la strada difficile ed eroica della testimonianza di un modo diverso di amare, il mondo starebbe ancora peggio.
Si aspettavano che Paolo VI riconoscesse lecita la contraccezione, cioè la separazione, nell'unione coniugale, dei fini procreativo ed unitivo. Oggi sappiamo che la pillola ormonale non fa bene alla salute della donna; che la banalizzazione della contraccezione non fa diminuire il ricorso all'aborto; che i preservativi non sono totalmente affidabili; e che l'aborto fa male, molto male a chi lo fa.
Non c'è bisogno della fede, basta la ragione per vederlo.
L'altro giorno Benedetto XVI ha tenuto, su questo argomento, un bellissimo discorso nella sua visita al Pontificio istituto "Giovanni Paolo II" per studi su matrimonio e famiglia. Ha parlato dell'amore coniugale come un dono, che spinge a donarsi senza riserve. E ha detto che questo amore-dono ha un modo proprio per comunicarsi: generare dei figli, con la conseguenza che "escludere questa dimensione comunicativa mediante un'azione che miri ad impedire la procreazione significa negare la verità intima dell'amore sponsale", cioè non viverlo in pienezza. Nella luce dell'amore-dono, ha aggiunto, "i figli non sono più l'obiettivo di un progetto umano, ma sono riconosciuti come autentico dono".
Colpisce questa insistenza sul dono, sul'amore che si dona tutto, senza riserve. Colpisce soprattutto se lo si mette a paragone con lo svilimento dell'amore che invece sperimentiamo e sentiamo inculcato ogni giorno intorno a noi da tutte le agenzie d'informazione, dai media, dal grande giro d'affari che ruota intorno alla mercificazione del sesso. Al contrario, il Papa ha parlato di un amore maturo, di una maturità nell'amore "che non è immediata, ma comporta un dialogo e un ascolto reciproco e un singolare dominio dell'impulso sessuale in un cammino di crescita della virtù".
Potremo giudicare anche antiche, sorpassate, antidiluviane queste parole, ma non potremo negare che esse aprono spiragli di grande profondità e di umanità nel rapporto di coppia. Non possiamo non vedere quanto esaltino la responsabilità, la dignità della persona, la sua superiorità sulle bestie.
Certo, sarebbe molto più facile per la Chiesa "rinnovarsi" e accodarsi silenziosa al devoto stuolo dei servi della mentalità dominante. Tutti sarebbero più felici e contenti, tutti si sperticherebbero in lodi, si spellerebbero le mani in applausi.
Ma l'umanità avrebbe perso l'unica parola veramente amica, anche se apparentemente fastidiosa.
La posizione della Chiesa è difficile, è un martirio. Il Papa lo sa, e l'ha detto senza mezzi termini: "oggi il mondo, ed anche molti fedeli, trovano tanta difficoltà a comprendere il messaggio della Chiesa, che illustra e difende la bellezza dell'amore nella sua manifestazione coniugale".
Ma questo è perché oggi il mondo vola molto basso e non riesce a guardare oltre il proprio personale tornaconto e piacere. Si sceglie la strada corta, ci si affida alla tecnica, che sembra promettere risultati immediati e indolori. E non si vede che l'uomo si sta consegnando a delle terribili e illimitate prevaricazioni. La sterilità (spesso causata solo da un blocco psicologico), si cura con bombardamenti ormonali e le tecniche in vitro, che devastano le donne ed eliminano quantità industriali di embrioni. Le gravidanze s'impediscono artificialmente, attraverso i metodi anticoncezionali, la via più spiccia e impersonale che esista. Al di fuori di ogni legame, di ogni dialogo, di ogni attenzione paziente all'altro.
A rimetterci è la dignità dell'essere umano. Paolo VI l'aveva capito e profetizzato. Benedetto XVI lo annuncia oggi. Forse anche chi non ha fede e si affida solo alla ragione comincia a capirlo…
(Gianluca Zappa, La Cittadella, 8 ottobre 2008)

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