Mio caro Malacoda, devo confessarti che ogni tanto sono imbarazzato per la banalità delle dichiarazioni che noi stessi suscitiamo. Niente di particolarmente grave, ma trasudano facile e vecchio anticlericalismo, sono scontate, impacciate, visibilmente astiose… Quello che mi preoccupa è che nella sfida col Nostro Nemico è cambiato l’atteggiamento dei giocatori in campo, dopo secoli passati all’attacco i nostri sono in difesa a subire l’iniziativa dell’avversario.
Considera, ad esempio, l’ultima sortita di Benedetto XVI sulla scienza.
Rileggine alcuni passaggi: «Non possiamo nasconderci, tuttavia, che si è verificato uno slittamento da un pensiero prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimentale. La ricerca si è volta soprattutto all’osservazione della natura nel tentativo di scoprirne i segreti. Il desiderio di conoscere la natura si è poi trasformato nella volontà di riprodurla… Avviene, tuttavia, che non sempre gli scienziati indirizzino le loro ricerche verso questi scopi. Il facile guadagno o, peggio ancora, l’arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante. È questa una forma di hybris della ragione, che può assumere caratteristiche pericolose per la stessa umanità. La scienza, d’altronde, non è in grado di elaborare princìpi etici; essa può solo accoglierli in sé e riconoscerli come necessari per debellare le sue eventuali patologie».
Ecco, in altri tempi noi avremmo rivendicato questa hybris; avremmo attaccato il Papa là dove dice che «l’intelligibilità della creazione non è frutto dello sforzo dello scienziato, ma condizione a lui offerta per consentirgli di scoprire la verità in essa presente»; noi avremmo citato a sostegno della scienza «la filosofia e la teologia»; noi, non lui, avremmo innalzato il vessillo dell’eticità del progresso…
Cos’hanno fatto, invece, i nostri manutengoli? Si sono offesi come un politico qualsiasi per l’accenno al denaro, al «facile guadagno», hanno mandato allo sbaraglio qualche ricercatore universitario a piangere miseria sui giornali: «Il Papa non sa di che cosa parla».
Ma si può essere più puerili? L’ipocrisia è una grande arma solo se usata con misura, abusarne presta il fianco al ridicolo. Credono così di convincere qualcuno, oltre al giornalista che ha raccolto le loro dichiarazioni?
Pensano che la gente non sia mai stata a un convegno medico-scientifico (quelli sponsorizzati dalle case farmaceutiche)? Credono che non sia mai entrata in una farmacia? Che non sappia delle battaglie sanguinose fra accademici per procurarsi i fondi per la ricerca? Sul serio vogliono far bere al popolo il loro disinteresse per il denaro? E allora perché si lamentano del loro stipendio?
Il problema, caro nipote, è che siamo a corto di argomenti per rispondere all’accusa che una volta avremmo giudicato un vanto, a quel “peggio” che rivela il vero pensiero del Papa: «Il facile guadagno o, peggio ancora, l’arroganza di sostituirsi al Creatore». Un tempo ne andavamo fieri, ora ce ne vergogniamo. Deboli di ragioni, la buttiamo in caciara e parliamo di soldi, dello sterco del demonio… Noi! Non può andare avanti così. Tuo affezionatissimo zio Berlicche. (© Copyright Tempi, 22 ottobre 2008)
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