“Noi Siamo Chiesa” (NSC) è la sezione italiana del movimento cattolico progressista International Movement We Are Church (IMWAC), fondato nel novembre del 1996 a seguito di una raccolta di firme in appoggio ad un "Appello dal popolo di Dio" a Giovanni Paolo II con cui si chiedeva il rinnovamento ecclesiale della Chiesa cattolica poiché le "speranze aperte nella chiesa dal Vaticano II sono andate in gran parte deluse a causa del tentativo di imprigionarne lo spirito rinnovatore". Sebbene riunisca fedeli cattolici, non è un gruppo ecclesiale riconosciuto e non ha mai ricevuto alcuna approvazione canonica.
Nascita del movimento
L'appello, partendo dall'Austria e dalla Germania, raccolse (come dichiara il sito ufficiale) oltre 2.500.000 firme in tutta Europa, di cui 36.000 in Italia; le firme raccolte, furono presentate in Vaticano nel corso di un incontro internazionale nell'ottobre del 1997. I promotori dell'Appello, non avendo ottenuto l'attenzione sperata, hanno proseguito il loro impegno strutturandosi in un coordinamento internazionale dei singoli gruppi nazionali, allo scopo di continuare la "sensibilizzazione nella Chiesa cattolica" delle istanze di rinnovamento e di impegno sulle questioni più importanti della riflessione teologica ed etica postconciliare.
Scopo del movimento
Le richieste avanzate sono:
- coinvolgimento delle comunità diocesane nella nomina dei vescovi;
- accesso ai ministeri ordinati per le donne;
- superamento della divisione tra clero e laicato;
- modifica delle indicazioni, in campo etico e pastorale, sulla sessualità, valorizzando la libertà di coscienza del singolo e della coppia;
- accettazione nella Chiesa e nella società della condizione omosessuale a pari dignità di quella eterosessuale;
- eliminazione dell'obbligo di celibato per i presbiteri e riammissione al ministero dei preti sposati che lo richiedano;
- maggiori sforzi per l'ecumenismo con le altre Chiese cristiane;
- promozione nel mondo della pace fondata sulla giustizia.
Nei primi dieci anni di attività, "Noi Siamo Chiesa" si è pronunciata su vari scottanti problemi dell'attualità ecclesiale e sociale, ovviamente in contrasto con l'insegnamento del magistero cattolico, con lo scopo dichiarato di “sensibilizzare l'opinione pubblica sulla necessità di una Chiesa semper reformanda”. Quanto poi nei fatti si tratti veramente di "sensibilizzazione" o non piuttosto di "turbativa e scompiglio", si può facilmente intuire.
"Noi Siamo Chiesa" in Italia ha, in modo continuativo, con convegni e documenti, approfondito e diffuso i contenuti generali delle proposte di riforma della Chiesa cattolica tipici del movimento. È anche intervenuto sulle principali questioni dell'attualità per quanto riguarda i rapporti tra la Chiesa e le istituzioni, difendendo la laicità dello Stato.
Le critiche
Per le tesi sostenute, in aperto contrasto con quello che è il pensiero e la dottrina della Chiesa Cattolica, il movimento ha incontrato l'aperta opposizione da parte di alcune Conferenze Episcopali nazionali, come ad esempio in Spagna, il cui ufficio informazioni ha rilasciato una nota che dichiara: «La Corrente “Noi siamo Chiesa” propone affermazioni e rivendicazioni che si separano chiaramente dagli insegnamenti della Chiesa Cattolica, feriscono e vanno a detrimento della comunione ecclesiale» (Madrid, 10 luglio 2002).
In Italia la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha sempre ignorato “Noi Siamo Chiesa” ma nell'ottobre 2007, per la prima volta, il Presidente della CEI Angelo Bagnasco ha ricevuto il portavoce del movimento Vittorio Bellavite che gli ha esposto i punti di vista e le iniziative del movimento: del resto la carità impone di ascoltare le ragioni di tutti, se esposte con umiltà e con lo spirito di sottomissione alle decisione dell’autorità, anche se contrarie: spirito di cui non ci risulta essere animato il movimento, che continua imperterrito a difendere i propri punti di vista con la virulenza di chi si ritiene unico detentore della verità.
Lo stesso papa Benedetto XVI ha criticato l'interpretazione di “Noi Siamo Chiesa” secondo cui il Concilio Vaticano II "è stato un Concilio di discontinuità" nella storia della Chiesa cattolica. In proposito il Papa ha detto: «L'ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare. Essa asserisce che i testi del Concilio come tali non sarebbero ancora la vera espressione dello spirito del Concilio. [...] In tal modo, ovviamente, rimane un vasto margine per la domanda su come allora si definisca questo spirito e, di conseguenza, si concede spazio ad ogni estrosità. Con ciò, però, si fraintende in radice la natura di un Concilio come tale. In questo modo, esso viene considerato come una specie di costituente, che elimina una costituzione vecchia e ne crea una nuova. Ma la costituente ha bisogno di un mandante e poi di una conferma da parte del mandante, cioè del popolo al quale la costituzione deve servire. I Padri non avevano un tale mandato e nessuno lo aveva mai dato loro; nessuno, del resto, poteva darlo, perché la costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore e ci è stata data affinché noi possiamo raggiungere la vita eterna e, partendo da questa prospettiva, siamo in grado di illuminare anche la vita nel tempo e il tempo stesso.» (Discorso alla Curia vaticana del 22 dicembre 2005). Non è mistero per nessuno che le principali innovazioni pretese dal movimento, hanno già avuto decise e definitive risposte negative da parte del magistero cattolico. Allora vien da chiederci: cosa si cela esattamente dietro a questo argomentare così ostile e critico nei confronti del Papa e dei Vescovi? Forse il bene della Chiesa? Forse la pace, la fraternità universale, la tranquillità del popolo di Dio, la preoccupazione per la sua salvezza? Oppure esso maschera più semplicemente personali interessi cercando di coprire meschine velleità? Pensiamoci.
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