venerdì 31 ottobre 2008
Ecco quanto ci guadagnano speculando sulle paure del riscaldamento globale
Ambiente e inquinamento, certo. Ma quello delle emissioni di C02 nell'atmosfera sembra essere diventato prima di tutto un business, sul quale un numero sempre più crescente di aziende si sta lanciando. Una gara al virtuosismo ambientale che nel 2007 ha fruttato oltre 47 miliardi di euro. Stando al rapporto che annualmente viene redatto dalla Banca Mondiale, l'istituto guidato da Robert Zoellich, lo scorso anno lo scambio di quote di emissioni sul mercato della C02 ha praticamente raddoppiato il giro d'affari, attestandosi a 64 miliardi di dollari, cioè 47 miliardi di euro, dei quali ben 37 riguardano transazioni effettuate in Europa. Sono obbligate a partecipare al mercato dell’emission trading (previsto per ridurre l'inquinamento atmosferico) tutte le aziende che rientrano nelle categorie energetiche, o che abbiano a che fare con idrocarburi, metalli ferrosi e prodotti minerali. Ma sono sempre di più le aziende che decidono spontaneamente di entrare a far parte di questo mercato. Il quale ogni anno assegna delle quote (ciascuna quota corrisponde a 1 milione di tonnellate di anidride carbonica) di C02 che si possono immettere nell'aria.A fine anno l'azienda che abbia superato queste quote ha tre modi per rimediare: costruire impianti per la riduzione delle emissioni nei Paesi industrializzati, costruirli nei Paesi in via di sviluppo oppure, terza scelta, acquistare sul mercato le quote di C02 eccedute con la produzione. E proprio quest'ultima scelta, sempre più gettonata, sta facendo lievitare il mercato che, nel 2006, si era attestato a poco più di 30 miliardi di dollari. In Europa - dove secondo il rapporto State and trends of the carbon market 2008 il mercato ha fatto registrare un incremento del 100% - a farla da padrone è l'Inghilterra, che detiene il 59% delle quote scambiate. L'Italia è ferma a circa il 4%, per una spesa complessiva che, nel 2007, è stata di circa 3 miliardi di euro. Sono sempre di più, inoltre, le aziende private che iniziano a partecipare allo cambio di emissioni, a scapito delle controllate pubbliche. Scambio di emissioni e progetti che, in Europa, sono destinati a crescere sempre di più, grazie al pacchetto 20-20-20 varato dalla Commissione e che ha imposto all'Italia - e quindi alle imprese che operano sul nostro territorio un taglio del 20% delle emissioni nei prossimi 12 anni. (Piergiorgio Liberati, Libero Mercato)
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