L’Europa, pur impotente in modo drammatico in campi decisivi per la vita dei cittadini suoi e del mondo, come nelle crisi del Gas o dell’immigrazione e delle guerre che insanguinano il mondo lontano o vicino ai suoi confini, si rivela molto solerte nelle prese di posizioni e nei provvedimenti di carattere ideologico. E, mentre invecchia impotente e squassata dalla crisi economica, decide di raffigurare in un certo senso il proprio futuro. Senza interrogarsi a fondo se la strada tracciata ricalchi e aggravi gli errori che l’hanno portata a questa elefantiaca impotente vecchiaia o rappresentino una via di uscita e di ripresa.
Su impulso di un deputato italiano di Rifondazione comunista, Giusto Catania, il Parlamento europeo ha approvato un documento sulla tutela dei diritti umani che vorrebbe avere grande rilievo. Nobile e sacrosanta iniziativa ancorché presa da un Parlamento politicamente debole anche a causa della prossima scadenza di mandato. Il tema infatti è delicato e importantissimo. Ma il modo con cui il Parlamento ha deciso di affrontarlo è forse il peggiore. Per tre motivi.
Primo perché il documento accumula una serie di problemi (dalla discriminazione dei rom, al testamento biologico, dalle coppie omosessuali all’antisemitismo) e ne esclude altri (come ad esempio una seria iniziativa politico-diplomatica della Ue contro le discriminazioni e le persecuzioni anti-religiose perpetrate in varie parti del mondo). E dunque si fa di ogni erba un fascio sotto l’egida nobile ma generica di "diritti umani" col rischio di rendere tutto vago e parziale. Sorprende ad esempio, l’assillante attenzione diffusa ai diritti delle coppie omosessuali e la fuggevolezza del riferimento al drammatico e ben più imponente fenomeno della tratta delle schiave del sesso che appesta l’Europa. Ma, appunto, è il rischio di documenti di indirizzo che esprimono posizioni ideologiche più che problemi reali.
I toni del documento, poi, sono quasi impositivi, ma a vanvera. Non solo perché vorrebbe dettare linee ai Paesi membri su faccende etiche e normative che in alcuni casi sono di chiara evidenza (le discriminazioni sui minori o su popolazioni minoritarie – ma allora perché solo i rom e non i tanti cinesi d’Europa che pur vivono e lavorano a volte in condizioni vergognose?) mentre in altri sono oggetto di interpretazioni tutt’altro che pacifiche e scontate (come il "matrimonio gay" da riconoscere e il testamento biologico da garantire per legge). Mettere in un mucchio generico solo alcuni temi che interessano per motivi che con i "diritti umani" c’entrano fino a un certo punto, è una operazione non solo scorretta ma infine lesiva della nobiltà e della serietà del problema dei diritti.
E continua a minare la credibilità dell’Assemblea di Strasburgo. L’Europa si è costituita, fin dall’inizio, sul principio di sussidiarietà, che solleva gli organi politici di più elevato grado comunitario dal legiferare su questioni su cui gli Stati membri hanno il dovere e la libertà di farlo, sulla base delle decisioni maturate democraticamente al loro interno. Se questo principio viene invocato spesso per materie che riguardano l’agricoltura o altre faccende a carattere economico-produttivo, tanto più andrebbe osservato su questioni eticamente sensibili, per evitare che si arrivi a una inquietante imposizione dall’alto.
Il documento votato ieri a Strasburgo tuttavia non può avere, per le stesse norme costitutive della Ue, valore vincolante. A decisioni di tal genere si può eventualmente arrivare solo con l’accordo degli Stati e sulla base di provvedimenti della Commissione, non certo con un’alzata di voce e di mano organizzata da qualche lobby. Ma va pur detto che il gioco è pericoloso: andando avanti di questo passo, per irresponsabilità o per incuria, l’Europarlamento si dimostra più luogo e strumento di propaganda che serio laboratorio per il futuro comune.
(Fonte: Davide Rondoni, Avvenire, 15 gennaio 2009)
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