venerdì 30 gennaio 2009

«Obama rilancia l'imperialismo culturale». Parola di Steve W. Mosher, presidente del Population Research Institute.

La decisione con cui Obama ha ripristinato i fondi per le organizzazioni pro-abortiste è «un esempio dell’imperialismo americano. La maggior parte dei Paesi del mondo vieta l’aborto: così facendo, Obama viola anche i principi di tutte le religioni».
Non usa mezzi termini Steve W. Mosher, presidente del Population Research Institute, per bocciare l’annunciata mossa del neo-inquilino alla Casa Bianca sulla diffusione dello stile “prochoice” nel mondo. Il direttore dell’Istituto di ricerca sulla popolazione, che ha sede in Virginia, è un’autorità in materia demografica: è stato infatti il primo giornalista nel mondo, all’inizio degli Anni ’80, a documentare le atrocità commesse dal regime cinese nell’applicazione della «politica del figlio unico» e un suo dettagliato rapporto sul coinvolgimento diretto dell’Unfpa e dell’Ippf nella pratica degli aborti e delle sterilizzazioni forzate, sempre in Cina, è stato alla base della decisione di George W. Bush di sospendere il finanziamento di queste organizzazioni che Obama ha ora ripristinato.
D. Professor Mosher, come valuta la decisione di Obama?
R. Una premessa: nel 1958 venne pubblicato un romanzo, «The Ugly American», poi diventato un film nel 1963 («Missione in Oriente») con Marlon Brando. I “cattivi” del libro erano gli americani arroganti e ignoranti che lavoravano all’estero infischiandosene dei valori locali.
Questa frase, l’«americano cattivo», è diventato un modo di dire e indica l’americano maleducato che viaggia all’estero. Obama sembra determinato a mettere in circolazione una falange di «americani cattivi» in tutto il mondo. Vuole finanziare, usando i dollari delle tasse di tutti gli americani, le organizzazioni internazionali che – violando la santità della vita – volontariamente infrangono le leggi della maggior parte degli Stati nel mondo, per non parlare dei valori di base di tutte le religioni mondiali.
D. A quali principi era ispirata la norma anti-aborto approvata da Reagan nel 1984?
R. L’idea-guida era questa: l’aborto è sempre e ovunque un evento controverso. La maggior parte degli americani fanno obiezione al fatto che le loro tasse vengano usate a questo scopo. La maggior parte degli Stati del mondo, poi, hanno molte restrizioni in tema di aborto, per non parlare di quelli che lo vietano del tutto. Queste organizzazioni americane che spin­gono perché all’estero si tengano interruzioni di gravidanza offrono una cattiva immagine del nostro Paese alle donne po­vere dei Paesi del Terzo mondo.
D. Chi beneficerà e chi subirà il cambio di indirizzo politico?
R. I primi beneficiari saranno i pro-aborto dell’International Planned Parenthood Federation (Ippf): promuoveranno l’aborto dove è legale, faranno lobby per la sua legalizzazione dove non è ancora ammesso, e realizzeranno quanti più aborti possibili sfidando le leggi locali. Ad oggi 130 Paesi nel mondo vietano l’aborto o lo ammettono solo in circostanze estreme. Diversi Stati latino-americani, ad esempio, sanciscono che la vita inizia al concepimento e proteggono il bambino non nato. La Ippf e le agenzie simili, sfidando la sovranità nazionale degli Stati, vogliono cambiare tutto questo. Denigrano il bambino non nato come qualcosa di «non umano», cercano di privarlo della protezione della legge e al tempo stesso realizzano migliaia di aborti illegali: questo non è imperialismo culturale?

(Fonte: Lorenzo Fazzini, Avvenire 25 gennaio 2009)

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