Bonolis quando fa la faccia del cretino e gigioneggia con Laurenti è eccezionale. Quando, con la stessa faccia, vuole dire cose serie, fa la figura del cretino. Ieri sera l'abbiamo sentito dire, proprio con quella faccia lì, di sentirsi orgoglioso di essere italiano. Il concetto l'abbiamo sentito per la prima volta, in un Festival dove giovani incazzati vanno lì a cantare che l'Italia è una merda ed è piena di coglioni padroni.
Ma perchè si sentiva orgoglioso il bravo presentatore? Perchè aveva assistito allo show di Benigni. Un intermezzo del quale non si capisce perchè si debba essere orgogliosi. Innanzi tutto è costato svariati milioni di euro. Una cifra enorme, immorale, direi, che mette subito una pietra sopra al predicozzo morale del comico. E poi, diciamoci la verità, niente di nuovo, tutto trito e ritrito. Molto meglio un monologo di Brignano, sicuramente più economico e incisivo. Benigni ha messo in scena la versione buffa dell'antiberlusconismo. Non nego che mi abbia fatto fare qualche accenno di risata, ma basta: non c'è assolutamente nulla di geniale in quel minestrone di barzellette su Berlusconi. Ne girano tantissime...
La figura di Benigni, tra l'altro, era piuttosto triste, ieri sera. Non so se vi ricordate, ma il comico aveva messo la sua faccia allegra nell'ultima campagna elettorale per sponsorizzare Veltroni. Deve essere stato veramente imbarazzante per lui (una bella vendetta della storia) andare a far ridere la gente nel momento in cui avrebbe preferito piangere sul ritiro dalla corsa del cavallo sul quale aveva puntato tutto. Veltroni e il PD spazzati via in pochi mesi!
Ce n'era abbastanza per fare della satira politica a iosa: ma Benigni ha stornato l'attenzione sul fallimento proprio e delle proprie speranze, ributtandosi su Berlusconi. Un'ossessione. A volte anche divertente, che c'entra, ma comunque monotona. Insomma, un qualcosa per cui non è che ci si può gasare più di tanto.
Poi è arrivato il punto più tragico dello show (che, tra parentesi, non capiamo più cosa ci “azzecchi” con una gara canora). Benigni gioca basso, molto basso. Prima contro Iva Zanicchi. È stato una sorta di accanimento terapeutico (forse perchè la suddetta è stata eletta nelle file di Forza Italia?). Intendiamoci, i versi della sua canzone sono orrendi e per giunta squallidi, ma quanti ce ne sono di quel genere a Sanremo? E quanti ce ne sono stati nella storia? La Marchesini, anni fa, seppe davvero darcene un bel florilegio. Invece Benigni ha infierito solo su una cantante in gara. Una specie di entrata scorretta, a gamba tesa, nel bel mezzo di una partita. Un attacco diretto, immorale, sproporzionato. Assolutamente di cattivo gusto. O Bonolis, ma che ci vedi di tanto grande in questo?
E poi la ciliegina sulla torta. L'altro attacco, meno diretto, ma non meno evidente. La famosa tirata sull'omosessualità, contro tutte le polemiche che infuriano sul tema. E qui è stato il trionfo del pensiero unico che ci stanno imponendo. Dopo Benigni, sarebbe salito sul palco Povia a cantare "Luca era gay". Lo sapete, è una canzone che parla della storia di un ragazzo che, da omosessuale che era, trova il suo vero sé nell'incontro con la donna della vita e diventa marito e padre. Vi cito l'ultima strofa:
«Luca dice: per 4 anni sono stato con un uomo tra amore e inganni, spesso ci tradivamo, io cercavo ancora la mia verità, quell’amore grande per l’eternità; poi ad una festa fra tanta gente ho conosciuto lei, che non c’entrava niente: lei mi ascoltava, lei mi spogliava, lei mi capiva; ricordo solo che il giorno dopo mi mancava. Questa è la mia storia, solo la mia storia, nessuna malattia nessuna guarigione; caro papà ti ho perdonato anche se qua non sei più tornato - mamma ti penso spesso, ti voglio bene e a volte ho ancora il tuo riflesso, ma adesso sono padre e sono innamorato dell’unica donna che io abbia mai amato. Luca era gay e adesso sta con lei, Luca parla con il cuore in mano. Luca dice: sono un altro uomo. Luca era gay e adesso sta con lei, Luca parla con il cuore in mano, Luca dice: sono un altro uomo».
Su questa storia è scattata la censura preventiva ed oscurantista delle organizzazioni gay. Una storia così in Italia non si può, non si deve raccontare. Va bene una Tatangelo che ci canta del suo amico gay e delle sofferenze che deve sopportare per questo. Non va bene un Povia che osa raccontare la storia di Luca che da gay diventa eterosessuale. La violenza non l'ha fatta Povia, ma l'hanno fatta a Povia [incredibile, sottolineo, l’intervento “gigionato” dal partigiano Bonolis a favore di un patetico Franco Grillini, Presidente onorario dell’Arcigay, per dargli modo, non si sa bene a quale titolo, di dichiarare al microfono il suo disappunto e di censurare pubblicamente Povia, che dovrebbe invece imparare “che cos’è la felicità degli omosessuali”. Di fronte a tutto questo viene da chiederci: ma non è che anche san Remo è in mano alle lobby gay? Per carità, nulla quaestio: ma vorremmo saperlo].
E dunque Benigni che ha fatto? Si è messo a parlare delle persecuzioni agli omosessuali, preparando un'accoglienza ostile a Povia, che a quel punto non so con quale coraggio sarà andato a cantare. Benigni si è schierato, pregiudizialmente, e poi ha fatto un casino madornale, mettendoci dentro il peccato e la fede. E perfino il gay Oscar Wilde. Argomenti troppo importanti e profondi e seri per essere buttati lì in quel modo davanti a milioni di spettatori e senza contraddittorio.
Ora, si sa che Benigni è quello che è, e che del peccato originale capisce molto poco, perchè ha poco meditato il suo Dante. Tant'è vero che non è stata mai convincente la sua lettura del canto V dell'Inferno, quello di Paolo e Francesca. Benigni non ci ha mai parlato della purificazione dell'amore umano, così come Dante l'ha vissuta e così come emerge dal poema.
In conclusione, non si vede proprio di cosa rimanere estasiati davanti alla gag di Benigni. Non si vede perchè sentirsi addirittura "orgogliosi di essere italiani". Per il predicozzo di Benigni la televisione pubblica ha sborsato milioni di euro. Bonolis [anche lui circa duemilioni per neppure una settimana!] ha voluto farci credere che quei soldi sono stati spesi bene. Spiacenti: noi non abbiamo l'anello al naso.
(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 18 febbraio 2009)
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