venerdì 20 febbraio 2009

Mentana-Eluana, i ceffoni ai palinsesti

Mentana, Eluana. Nelle ultime 48 ore, due sonore sberle hanno tramortito i palinsesti italiani. La morte di Eluana Englaro accompagnata dall’accanimento mediatico che ne ha avvolto le povere spoglie (una tragedia shakespeariana quasi e reti unificate); e le dimissioni di Enrico Mentana da direttore editoriale di Mediaset, causa, nonostante il lutto nazionale, la messa in onda -spietata, a suo dire- del Grande Fratello. Gf, per la cronaca, che ha toccato il record d’ascolto stagionale con 8 milioni di spettatori e 31% di share doppiando , appunto la tragedia di Eluana. Segno che la gente, nel bene o nel male, necessita di staccare la spina dalle umane nequizie, senza necessariamente sentirsi becera (per dire:noi, quella sera, ci siamo incollati a X Factor).
L’argomento Eluana, data la sua connotazione etica e giuridica, ha spaccato l’Italia e non è discutibile in questa sede dedita solitamente al cazzeggio. Ci sembrerebbe fuori luogo, pure se i questi giorni sono stati in parecchi fuori luoghi nei talk show e suoi giornali. Registriamo solo tanto frastuono televisivo ha coperto un silenzio necessario e misericordioso. Amen.
L’argomento Mentana attiene più alle nostre miserie terrene, ma non è meno insidioso. L’intellighenzia di sinistra –e Libero, il giornale cui mi pregio d’appartenere- si augurano che Chicco, dopo aver reso pubbliche le proprie dimissioni, cambi idea. Il problema è che bisogna vedere se la cambia Mediaset. C’è il particolare che le sue dimissioni Mentana le ha chieste a metà: lascio l’incarico di direttore editoriale del gruppo, ma resto conduttore di Matrix. Sticavoli, hanno risposto ai piani alti del Biscione. Mentana dunque ha commesso un errore madornale in Italia: non bisogna, in questo paese, mai dare le dimissioni, perché è capace che le accettino. Vero è che, qualora Mitraglia dovesse scusarsi pubblicamente, le cose rientrerebbe nel loro alveo. La diplomazia dall’una e dall’altra parte sta lavorando alacremente, come si dice in questi casi. Ad onore del vero bisogna aggiungere che l’Emilio Fede incaricato di coprire su Rete 4 il caso Englaro s’è comportato egregiamente: gli è rispuntato dentro l’ala del cronista che non ti dico, sembrava tornato ai tempi della Guerra del Golfo nel ’90 o delle guerre d’Africa quando lo chiamavamo Sciupone l’Africano per via delle note spese in Rai. Luca Mastrantonio sul Riformista cita l’Italia catodica come una sorta di Waste Land, la terra desolata del poeta T.S. Eliot. Molto colto, ma molto vero. Ma è anche vero che se 8 milioni di spettatori, laici o cristiani, ognuno maggiorenne e ognuno con la propria coscienza, decidono di rifugiarsi nell’intrattenimento mentre infuria la cronaca, significa due cose. O che l’intrattenimento si esprime troppo bene, o che la cronaca viene raccontata troppo male. In ogni caso la colpa –o il merito?- è dei cronisti…

(Fonte: Francesco Specchia, Libero News, 11 febbraio 2009)

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