venerdì 27 febbraio 2009

Hans Küng: “La Chiesa rischia di diventare una setta”. Deliri di un ottuagenario.

«Figura slanciata, viso glabro, ciuffo ribelle, Hans Küng, considerato il più grande teologo contestatore cattolico vivente, riceve nella sua casa, a Tubinga, in Germania, nella sua elegante proprietà dai muri tappezzati di libri. I suoi, moltissimi e tradotti in tutte le lingue, sono in bella evidenza nel suo ufficio personale. Torna a parlare della tempesta scatenata dalla mano tesa da Benedetto XVI agli integralisti cattolici.
D. Qual è la sua analisi a proposito della decisione di Benedetto XVI di revocare la scomunica dei quattro vescovi della corrente integralista di monsignor Lefebvre, di cui uno, Richard Williamson, è un notorio negazionista?
R. Non ne sono stato sorpreso. Fin dal 1977, in un'intervista ad un giornale italiano, monsignor Lefebvre indica che “dei cardinali sostengono – la sua – corrente” e che “il nuovo cardinal Ratzinger ha promesso di intervenire presso il papa per trovare – loro – una soluzione”. Questo mostra che la faccenda non è né un problema nuovo né una sorpresa. Benedetto XVI ha sempre parlato molto con queste persone. Oggi toglie loro la scomunica perché ritiene che sia arrivato il momento. Ha pensato che avrebbe potuto trovare una formula per reintegrare gli scismatici, che, pur conservando le loro convinzioni, potrebbero in apparenza sembrare in accordo con il concilio Vaticano II. Si è proprio sbagliato.
D. Come spiega il fatto che il papa non abbia considerato lo scandalo che la sua decisione avrebbe suscitato, anche al di là delle affermazioni negazioniste di Richard Williamson?
R. La revoca delle scomuniche non è stata un difetto di comunicazione o di tattica, ma ha costituito un errore di governo del Vaticano. Anche se il papa non avesse avuto sentore delle affermazioni negazioniste di monsignor Williamson e anche se lui stesso non è antisemita, ognuno sa che i quattro vescovi implicati lo sono. In questa faccenda, il problema fondamentale è l'opposizione al Vaticano II, e in particolare il rifiuto di un rapporto nuovo con l'ebraismo. Un papa tedesco avrebbe dovuto considerare questo come un punto centrale e mostrare senza ambiguità le sue posizioni sull'Olocausto. Non si è reso conto del pericolo. Contrariamente alla cancelliera Angela Merkel, che ha reagito duramente.Benedetto XVI ha sempre vissuto in un ambito ecclesiastico. Ha viaggiato molto poco. È rimasto chiuso in Vaticano – che è come il Cremlino di una volta -, dove non gli pervengono le critiche. Così non è stato in grado di misurare l'impatto di una tale decisione nel mondo. Il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che potrebbe essere un contro-potere, era un suo subordinato nella Congregazione per la dottrina della fede; è un uomo di dottrina, assolutamente sottomesso a Benedetto XVI. Siamo di fronte ad un problema di struttura. In quel sistema non c'è nessun elemento democratico, nessuna correzione. Il papa è stato eletto da dei conservatori, e oggi è lui che nomina i conservatori.
D. In che misura si può dire che il papa è ancora fedele agli insegnamenti del Vaticano II?
R. È fedele al Concilio alla sua maniera. Insiste sempre, come Giovanni Paolo II, sulla continuità con la “tradizione”. Per lui, tale tradizione risale al periodo medioevale ed ellenistico. Soprattutto non vuole ammettere che il Vaticano II ha provocato una rottura, per esempio, sul riconoscimento della libertà religiosa, combattuta da tutti i papi anteriori al concilio. La concezione profonda di Benedetto XVI è che bisogna accogliere il Concilio, ma che è opportuno interpretarlo; forse non alla maniera dei lefebvriani, ma in ogni caso nel rispetto della tradizione e in maniera riduttiva. Per esempio è sempre stato critico sulla liturgia del Vaticano II. In fondo, Benedetto XVI ha una posizione ambigua sui testi del Concilio, poiché non è mai stato a suo agio con la modernità e la riforma. Mentre il Vaticano II ha proprio rappresentato l'integrazione del paradigma della riforma e della modernità nella Chiesa cattolica. Monsignor Lefebvre non lo ha mai accettato, e i suoi amici della Curia nemmeno. Per questo Benedetto XVI ha una certa simpatia verso monsignor Lefebvre.Comunque trovo scandaloso che per il cinquantesimo anniversario dell'annuncio del concilio daparte di Giovanni XXIII – nel gennaio 1959 -, il papa non abbia fatto l'elogio del suo predecessore,ma abbia scelto di revocare la scomunica di persone in opposizione a quel concilio.
D. Quale Chiesa Benedetto XVI sta lasciando in eredità ai suoi successori?
R. Io penso che lui difenda l'idea del “piccolo gregge”. È un po' la linea degli integralisti, che ritengono che, anche se la Chiesa perde molti dei suoi fedeli, ci sarà alla fine una Chiesa di élite,formata dai “veri” cattolici. È un'illusione pensare che si possa continuare così, senza preti, senza vocazioni. Questa evoluzione è chiaramente un movimento di restaurazione. Ciò si evidenzia nella liturgia, ma anche in atti o gesti, per esempio quando dice ai protestanti che la Chiesa cattolica è la sola vera Chiesa.
D. La Chiesa cattolica è in pericolo?
R. La Chiesa rischia di diventare una setta. Molti cattolici non si aspettano più niente da questo papa. Ed è molto doloroso.
D. Lei ha scritto: “Come è possibile che un teorico così dotato, gentile e aperto come Jospeh Ratzinger sia potuto cambiare al punto da diventare in Grande Inquisitore Romano?” Allora, come?
R. Penso che lo choc dei movimenti di protesta del 1968 abbia risuscitato il suo passato. Ratzinger era conservatore. Durante il concilio si è aperto, anche se era già scettico. Con il 68 è tornato a posizioni molto conservatrici, che ha mantenuto fino ad oggi.
D. Il papa attuale può ancora correggere questa evoluzione?
R. Quando mi ha ricevuto nel 2005, ha fatto un atto coraggioso e ho veramente pensato che avrebbe trovato la via per riformare, anche se lentamente. Ma, in quattro anni, ha provato il contrario. Oggi mi chiedo se sia capace di fare qualche cosa di coraggioso. Innanzitutto occorrerebbe che riconoscesse che la Chiesa cattolica sta attraversando una crisi profonda. Poi potrebbe molto facilmente fare un gesto a favore dei divorziati e dire che a certe condizioni possono essere ammessi alla comunione. Potrebbe correggere l'enciclica Humanae Vitae – che ha condannato ogni forma di contraccezione nel 1968 – dicendo che in certi casi la pillola è possibile. Potrebbe correggere la sua teologia, che risale al Concilio di Nicea – nel 325 -. Potrebbe dire domani: “Abolisco la legge del celibato per i preti” È molto più potente del presidente degli Stati Uniti! Non deve rendere conto alla Corte suprema! Potrebbe anche convocare un nuovo concilio.
D. Un Vaticano III?
R. Potrebbe essere un aiuto. Una simile riunione permetterebbe di sistemare delle questioni alle quali il Vaticano II non ha risposto, come il celibato dei preti o il controllo delle nascite. Bisognerebbe anche prevedere un nuovo modo di elezione dei vescovi, nel quale il popolo dovrebbe poter dire la sua. La crisi attuale ha suscitato un movimento di resistenza. Molti fedeli rifiutano di tornare al vecchio sistema. Perfino dei vescovi sono stati obbligati a criticare la politica del Vaticano. La gerarchia non può ignorarlo.
D. La sua riabilitazione potrebbe essere uno di questi gesti forti?
R. Sarebbe in ogni caso più facile della reintegrazione degli scismatici! Ma non ci credo, perché Benedetto XVI si sente più vicino agli integralisti che alle persone come me, che hanno lavorato e accettato il Concilio». (Nicolas Boursier e Stéphanie Le Bars, Le Monde, 25 febbraio 200).

Fin qui l’intervista concessa ai giornalisti di Le Monde, e ovviamente rilanciata con grande risonanza da La Stampa. Che dire? Deliri di un ottuagenario!
Nonostante l'avanzare degli anni, il "più grande teologo contestatore cattolico vivente" non demorde e continua a pontificare ex cathedra. La cattedra, come al solito, sono i grandi mezzi di comunicazione, sempre pronti a fare da grancassa al suo infallibile magistero.
Dall'intervista, come appare evidente, traspare la stizza del teologo tedesco per non essere lui il Papa, ma il suo coetaneo-concorrente Ratzinger. Dopotutto, era lui l'esperto invitato al Concilio da Giovanni XXIII; Ratzinger era soltanto un semplice teologo privato al seguito dell'Arcivescovo di Colonia! Un altro motivo di astio è dato dal fatto che ai lefebvriani è stata rimessa la scomunica; lui invece non è stato ancora "riabilitato".
Secondo il profeta del progressismo cattolico, la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani "non è stata un difetto di comunicazione o di tattica, ma ha costituito un errore di governo del Vaticano". Il vero problema non è il negazionismo di Mons. Williamson, "il problema fondamentale è l'opposizione al Vaticano II, e in particolare il rifiuto di un rapporto nuovo con l'ebraismo". Sembra di leggere il comunicato della Conferenza episcopale tedesca. Ancora una volta, il valore assoluto è il Vaticano II, ma un Vaticano II completamente ideologizzato: un sostenitore del Concilio dovrebbe essere ecumenico, dovrebbe avere a cuore il problema dell'unità della Chiesa. Ma, a quanto pare, anche l'ecumenismo di Küng è solo un'ideologia.
Papa Ratzinger vive fuori del mondo: "Ha viaggiato poco. È rimasto chiuso in Vaticano, che è come il Cremlino di una volta"; per cui "non è stato in grado di misurare l'impatto di una tale decisione nel mondo". Di quale mondo sta parlando? Del mondo virtuale dei mezzi di comunicazione (controllati sappiamo bene da chi), nel quale lui si trova tanto a suo agio? In Vaticano "non c'è nessun elemento democratico, nessuna correzione. Il papa è stato eletto dai conservatori, e oggi è lui che nomina conservatori".
Benedetto XVI "è fedele al Concilio alla sua maniera. Insiste sempre, come Giovanni Paolo II, sulla continuità con la tradizione". Che vuol dire con la "sua maniera"! Non dovrebbe essere la maniera cattolica di interpretare non solo un concilio, ma qualunque atto ecclesiale? Ma, a quanto pare, il Concilio di Küng non è quello contenuto nei documenti ufficiali, bensì quello contenuto nella sua mente (e probabilmente di molti altri che parteciparono al Concilio).
Secondo lui "il Vaticano II ha provocato una rottura, per esempio, sul riconoscimento della libertà religiosa". Non si accorge di dar ragione così ai lefebvriani? "Benedetto XVI ha una posizione ambigua sui testi del Concilio, poiché non è mai stato a suo agio con la modernità e la riforma". Ma che dice? Se c'è un appunto che si può fare all'attuale Pontefice da parte tradizionalista è proprio la sua insistenza sulla libertà religiosa (ha letto Küng il discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005?) e sulla modernità (nel suo dialogo con l'Islam, sembra quasi che gli stiano più a cuore i valori dell'illuminismo che non quelli del Vangelo!).
Peccato mortale: il Papa, in occasione del 50° anniversario del Concilio, non ha "fatto l'elogio del suo predecessore" Giovanni XXIII, ma ha "scelto di revocare la scomunica di persone in opposizione a quel Concilio".
Inoltre Papa Ratzinger difende l'idea del "piccolo gregge" (che, essendo espressione evangelica, non significa "chiesa di élite"). "È un'illusione pensare che si possa continuare così, senza preti, senza vocazioni". Ohibò, che succede? È la prima volta che sento un nume conciliare lamentarsi della crisi delle vocazioni! Significa proprio che il povero Hans sta invecchiando. Ma come? Dopo aver fatto di tutto per declericalizzare la Chiesa e promuovere il laicato, ora si lamenta che non ci sono più preti? E perché mai un giovane dovrebbe farsi prete, dopo tutto quel che è stato fatto per spogliarlo della sua importanza?
Ma il bello deve ancora venire. "La Chiesa rischia di diventare una setta". Ma non si accorge che, proprio grazie a gente come lui, la Chiesa è già diventata una setta? Quando si afferma che le religioni si equivalgono, costituendo ciascuna una via di salvezza, non si nega la cattolicità della Chiesa e non se ne fa in tal modo una setta? La Chiesa postconciliare, fatta di qualche (vecchio) prete e di tanti "operatori pastorali" (ministri straordinari dell'Eucaristia, lettori, catechisti, presidenti di consigli pastorali e comitati vari), rinchiusa nelle sagrestie senza alcun contatto col mondo esterno, non è forse una setta?
Che cosa dovrebbe fare Benedetto XVI? "Innanzitutto occorrerebbe che riconoscesse che la Chiesa cattolica sta attraversando una crisi profonda". Come se non lo avesse già fatto. Ci si potrebbe chiedere semmai: di chi è la colpa di questa crisi? Ma sentite quanto segue, perché, alla fine dell'intervista, viene fuori ciò che stava e continua a stare a cuore a certi teologi conciliari: l'ammissione dei divorziati alla comunione, la correzione dell'Humanæ vitæ (per dire che "in certi casi la pillola è possibile"), l'abolizione del celibato dei preti, un nuovo modo di elezione dei vescovi. Chissà come mai s'è scordato del sacerdozio alle donne! Ecco le grandi preoccupazioni degli esperti conciliari; ecco i veri motivi per cui è stato fatto il Vaticano II! E noi che pensavamo che la Chiesa avesse bisogno di un rinnovamento spirituale!
Visto che Küng & C. non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi col Vaticano II, continuano a sperare in un Vaticano III. Ma non si rendono conto (loro che vivono nel loro mondo virtuale) che, se davvero si facesse un nuovo concilio oggi, probabilmente avrebbero delle brutte sorprese...

La risposta ufficiale a queste critiche alla Chiesa e al Papa è venuta oggi stesso dal cardinal Sodano, Decano del Collegio cardinalizio attraverso i microfoni della Radio Vaticana, che così ha dichiarato al microfono di Roberto Piermarini:
R. Stamani sono stato interiormente ferito, nel leggere l’intervista che sarebbe stata rilasciata dal Rev.do Prof. Hans Küng al quotidiano francese “Le Monde” e che poi è stata diffusa in Italia dal giornale “La Stampa”. Se il testo è esatto, sento il dovere di dire che si tratta di affermazioni generiche e non provate. Personalmente, sono testimone dell’impegno del Santo Padre per fare della Chiesa una famiglia, la famiglia dei figli di Dio.
D. Eminenza, non è stato sorpreso che proprio un quotidiano italiano abbia ripreso questa intervista rilasciata a “Le Monde”?
R. Non comprendo, come un noto quotidiano italiano, ben al corrente dell’opera del Papa, abbia voluto offrire tanta pubblicità a tale intervista, dandole inoltre un titolo, fra virgolette, che è diverso da quello originale francese e cadendo poi nell’errore di parlare del Concilio Ecumenico di Nicea, nell’odierna Turchia, tenutosi nel lontano 325, come del Concilio di Nizza!
D. Cardinal Sodano, cosa pensa di queste critiche alla Chiesa?
R. Una critica fraterna è sempre possibile nella Chiesa, fin dai tempi di San Pietro e di San Paolo. Una critica amara, invece, tanto più se generica, non contribuisce all’unità della Chiesa, per la quale tanto sta lavorando il Papa Benedetto XVI, che lo Spirito Santo ha collocato a reggere in quest’ora importante della sua storia.

(Fonti: Dal blog “Senza peli sulla lingua”, e da Radio Vaticana, 26 febbraio 2009)

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