Aveva detto che aveva bisogno di silenzio e che si sarebbe chiuso nel silenzio. Invece, a poco più di una settimana dalla morte di sua figlia, eccolo già in prima linea a combattere la battaglia per l’eutanasia. Beppino Englaro, questa è la notizia, interverrà telefonicamente alla manifestazione indetta da Micromega contro la legge sul testamento biologico che sta per essere varata dal Governo. Parlerà, insomma, e pubblicamente, in modo pesante, spendendo la sua popolarità.
Interverrà a dire che questa legge è una “barbarie”. Chiederà, nel caso che venisse approvata, di ricorrere ai giudici della Corte Costituzionale (lui di giudici se ne intende) e, in seconda battuta, di ricorrere al popolo italiano con un referendum.
Faccia pure. Ci troverà schierati contro la sua voglia di morte, in nome di sua figlia Eluana, martire del partito dell’eutanasia.
Perché, adesso che il pathos della vicenda è evaporato, e adesso che il silenzio sulla vicenda è stato proprio violato da chi l’aveva tanto invocato, è ora di spiegarlo alla gente, all’opinione pubblica, chi sono gli amici di Englaro, quelli che in qualche modo hanno gestito la regia di questa battaglia durata anni e conquistatasi gli onori delle cronache.
E’ ora di svelare che molti dei suoi compagni di viaggio sono membri della Consulta di Bioetica, un’associazione nata nel 1989 e impegnatasi subito a sostenere la “liceità morale dell’eutanasia” quando si sia di fronte “a una persona che ne fa richiesta ripetutamente e senza incertezze, per evitare un’infermità inguaribile e una situazione degradante per la propria dignità”, come si legge in un documento risalente al 1993. Già tre anni prima la Consulta si presentava con la propria iniziativa della Carta di Autodeterminazione, in base alla quale ventilazione assistita, rianimazione cardiopolmonare, trasfusioni e alimentazione artificiale venivano equiparati tra loro e catalogati come “provvedimenti di sostegno vitale” da potersi rifiutare.
Questi sono gli “amici” che Englaro ha incontrato (sfortunatamente per sua figlia) nel 1995 e che l’hanno sostenuto, consigliato, indirizzato fino alla soppressione di Eluana. E’ lui stesso a citarli, nel libro Eluana, la libertà, la vita edito da Rizzoli. C’è Carlo Alberto Defanti, il neurologo che seguiva la ragazza, a quel tempo (ma guarda un po’!) presidente della Consulta; c’è l’avvocato Maria Cristina Morelli, quella che ha portato la “luce”, suggerendo ad Englaro il modo per vincere il contenzioso, che era quello di diventare il tutore della figlia; c’è il magistrato Amedeo Santosuosso, consigliere (arimaguarda un po’!) presso quella Corte d’appello di Milano che ha emesso il decreto decisivo del luglio 2008; e Carlo Augusto Viano, un filosofo, che scrive saggi dai titoli eloquenti, come “Elogio dell’ateismo” (pubblicato nel 2006 su Micromega, proprio la rivista che ha organizzato la manifestazione durante la quale parlerà l’Englaro); c’è Maurizio Mori, attuale presidente della Consulta, impegnato contro “i fantasmi del vitalismo ippocratico e della sacralità della vita”, per la “libertà dall’oppressione della medicina”. Del direttivo della Consulta fa parte un personaggio significativo, Mario Riccio, l’anestesista che ha aiutato Welby a staccare il respiratore. E così il cerchio si chiude.
Questo è il bell’ambientino frequentato dal sig. Englaro; questo è il circoletto che si è stretto intorno alla povera Eluana. Tutta brava gente dalle idee molto chiare, per la quale l’unica “uscita” possibile era quella dell’eutanasia.
Insomma, va completamente rivista la figura di Beppino Englaro, apparso ai più come un poveraccio, solo e inerme col suo problema, in lotta contro lo Stato cattivo e disumano. Va inserita all’interno di un gruppo d’opinione determinato a raggiungere degli scopi dichiarati, con degli obiettivi sostenuti da una precisa filosofia, atea, agnostica e razionalista. Che lui ha condiviso.
Tutto questo va ribadito e messo in evidenza, perché la vicenda di Eluana sia giudicabile con una maggiore cognizione di causa. A partire da tali presupposti, allora, non fa specie che Englaro si giochi la faccia in una battaglia politica. Non fa specie che rompa il silenzio proprio lui, che invece negli ultimi giorni di sua figlia appariva affranto e desideroso di nascondersi al mondo.
Fa specie, invece, che proprio lui si permetta di utilizzare la parola “barbarie” dopo la barbara esecuzione di sua figlia. Perché mettiamoci bene in testa una cosa: se Eluana non fosse morta così velocemente (e ancora aspettiamo di sapere per quale motivo il suo quadro clinico si sia tanto rapidamente deteriorato, contro ogni previsione dello stesso Defanti che l’aveva in cura) avremmo assistito alla barbara agonia di un essere umano per fame e sete. Uno spettacolo orribile, rievocato giorni fa dal padre di Terry Schiavo, il quale ha assistito impotente al calvario di sua figlia. Ha visto quella donna raggrinzirsi, accartocciarsi, strabuzzare gli occhi, digrignare la bocca.
Tutto questo ci è stato risparmiato, per fortuna nostra, ma soprattutto dello stesso Englaro e dei suoi amici. Seguire per 15 giorni l’agonia di Eluana sarebbe stato un boomerang per coloro che sostengono che l’idratazione e la nutrizione si possono negare, se il soggetto lo vuole.
Negare il sondino a una persona significa condannarla ad una prolungata, terribile agonia. Non prendiamoci in giro: significa favorire pratiche eutanasiche, perché non si può stare lì inermi a veder morire una persona in quel modo.
Adesso Englaro rompe il silenzio ed entra nell’agone. Avrebbe fatto meglio a mantenere la promessa. A starsene zitto, in silenzio, da una parte.
Ma forse è meglio così. Se non altro, adesso tutto è più chiaro.
(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 20 febbraio 2009)
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