È dall’episcopato austriaco, oltre che tedesco e francese, che sono arrivate nelle scorse settimane le critiche più aspre alla decisione del Papa di revocare la scomunica ai lefebvriani (un caso ancora non risolto: ieri, infatti, è intervenuto il superiore della Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay, a chiedere «chiarimenti urgenti» sulla revoca e sulla reintegrazione nella Chiesa Cattolica). Tra le critiche austriache, quella del vescovo di Salisburgo, Alois Kothgasserm, il quale senza mezzi termini ha detto che con Papa Ratzinger la Chiesa «si sta riducendo a una setta». Parole gravi, in merito alle quali, il presidente della Conferenza episcopale austriaca, il cardinale Christoph Schönborn, non ha preso alcun provvedimento.E, sempre Schönborn, nessun provvedimento ha pensato di prendere nelle scorse ore a seguito della notizia che riguarda un altro suo confratello, il vescovo Gerhard Wagner. Questi, soltanto due settimane fa (il 31 gennaio), era stato nominato dal Papa vescovo ausiliare della diocesi austriaca di Linz. Un po’ come è avvenuto con Richard Williamson, Wagner, appena nominato, ha subìto da parte dei media del suo paese una serie violentissima di accuse per colpa di alcune sue vecchie dichiarazioni. Se nel caso Williamson le dichiarazioni contestate erano quelle negazioniste sulla Shoah, qui a essere sotto torchio sono quelle che Wagner dedicò tempo addietro al ciclone Katrina che distrusse New Orleans e alla saga di Harry Potter (proprio così: alla saga di Harry Potter). Nel 2001 Wagner aveva messo in guardia i giovani dalla lettura dei romanzi del ciclo di J. K. Rowling perché, a suo dire, portano a forme di «satanismo». Mentre, nel 2005, il presule (allora era ancora un semplice sacerdote) disse apertamente che l’uragano Katrina era una sorta di punizione divina per l’immoralità di New Orleans: «Non per caso - spiegò - sono state distrutte le cinque cliniche dove si pratica l’aborto e i postriboli». «La catastrofe naturale - si chiese ancora Wagner - non è forse la conseguenza di una catastrofe spirituale?».Le accuse a Wagner sono montate giorno dopo giorno. Sui media austriaci il caso ha avuto sempre più spazio. I giornali lo hanno bollato come “ultraconservatore”, etichetta che in certi Paesi pesa come una maledizione. E, di fatto, visto anche il silenzio in merito dei suoi confratelli vescovi, hanno obbligato il presule alle dimissioni. Poche ore fa, infatti, Wagner ha deciso di rinunciare all’incarico affidatogli da Roma: «Alla luce delle pesanti critiche - ha detto - ho deciso, dopo preghiere e un consulto con il vescovo, di chiedere al Santo Padre di ritirare la mia nomina». Così, ha detto, «mi potrò sentire più leggero in confronto alle scorse notti».Questo sta succedendo alla Chiesa: mentre presuli e porporati possono liberamente attaccare il Pontefice per la revoca della scomunica ai lefebvriani, un presule ausiliare (dunque un monsignore che svolge semplicemente una funzione di supporto a quella del vescovo titolare) deve dimettersi per dichiarazioni rese in passato sui romanzi di Herry Potter e sull’uragano Katrina. Dichiarazioni (soprattutto quelle su Katrina) gravi ma che, rilasciate tempo addietro a dei media in modo estemporaneo, non dovrebbero costringere un vescovo appena eletto a dimettersi.In Vaticano si è indecisi sul da farsi. Anche se, secondo l’agenzia di stampa cattolica Kathpress, la Santa Sede avrebbe già acconsentito alla richiesta di Wagner, pare che le cose siano ancora in stand by. Da una parte c’è chi ritiene che non sia possibile che la congregazione dei vescovi non fosse a conoscenza, prima della nomina, delle dichiarazioni rese in passato da Wagner. E, quindi, c’è chi pensa che, avendo giudicato Wagner eleggibile, ora non si debba fare passi indietro e, anzi, occorra non accettare la richiesta di dimissioni. Dall’altra, c’è chi fa notare come non soltanto i media, ma anche la leadership dell’episcopato austriaco stia mantenendo una condotta parecchio critica nei confronti di Wagner e, dunque, per non provocare tensioni all’interno dell’episcopato, occorra accettare la volontà espressa dal presule.Ieri pomeriggio Schönborn ha convocato una riunione straordinaria dei vescovi per parlare del caso. In questa sede nessuno l’ha difeso. Anzi, il documento finale dell’assise di fatto sconfessa la scelta di Roma di nominarlo vescovo e, incredibilmente, chiede che il Vaticano (e quindi il Papa) faccia proprio un migliore processo di scelta ed esame nelle nomine episcopali. I vescovi hanno scritto che non vogliono un ritorno ai tempi del Kaiser, quando era l’imperatore a scegliere i vescovi. E nemmeno un balzo in una sorta di democrazia ecclesiastica, ma più che altro che prima che le decisioni del Papa vengano prese vi siano «fondamenti affidabili e ampiamente provati sui quali egli possa appoggiarsi». Si sente, dietro queste parole, il disappunto austriaco sul caso Williamson, e, insieme, si avverte un certo malcontento contro l’attuale governo vaticano. Nei prossimi mesi in Austria vi saranno parecchie nomine importanti e l’episcopato, con le parole scritte nel comunicato, ha lanciato un messaggio inequivocabile a Roma.Nella Curia romana, coloro che ritengono che non si debbano accettare le dimissioni di Wagner pensano che si debba mandare un segnale forte diretto alla leadership dell’episcopato austriaco. Un segnale che faccia capire chi è che comanda. Un segnale che arrivi sia alle orecchie del nuovo nunzio, l’arcivescovo Peter Stephan Zurbriggen, sia a quelle di Schönborn, un porporato considerato più ratzingeriano di Ratzinger.
(Fonte: Il Riformista, 17 febbraio 2009)
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