Eluana è morta. Chi diceva di “amarla” ha finalmente ottenuto sul filo di lana la sua vittoria, ha coronato il suo sogno “caritatevole” di chiuderle per sempre gli occhi: una conquista per l’umanità, questa di uccidere gli inermi! I radicali e il padre Beppino finalmente possono tirare un sospiro di sollievo: «Oggi sono più tranquillo» sono le sue parole.
L’ultima concitata e convulsa corsa verso la sua salvezza si è improvvisamente arrestata, ponendo fine alle crescenti preoccupazioni di chi voleva la morte ad ogni costo e temeva eventuali “ingerenze” legislative che avrebbero potuto compromettere un progetto nettamente omicida.
Un progetto di morte voluto, invocato e preteso a tutti i costi.
Ha prevalso la legge delle tenebre: l’esecuzione capitale è andata a buon fine, la condanna a morte ha mietuto la sua ennesima vittima. Ora gli organizzatori, i sostenitori, gli esecutori di questo delitto, avranno di che gloriarsi e di complimentarsi per la loro “affermazione” politica: non certo per quella umana. Eluana è morta. Punto e a capo.
Ma a cose fatte, a vicende già diventate storia, con la serenità del “dopo”, ritengo irrinunciabile puntualizzare alcuni passaggi dell’intera vicenda, per molti, troppi, versi inquietante e oscura, riproponendo significative opinioni: perché tutti possano averne una visione d’insieme esauriente.
1) I volenterosi carnefici di Eluana
Che branco di mascalzoni questi gentiluomini. Ci dicono pagani, golpisti, sfruttatori del dolore, mestatori nel torbido, autori di uno scempio. Questi che si dicono laici e che sono soltanto relitti del vecchio familismo amorale degli italiani, specie quando recitano il coro vomitevole di papà Beppino e di una nichilistica libertà di coscienza per giustificare l'eliminazione fisica di una disabile, una esecuzione degna dei nazisti.
Secondo loro, un piccolo popolo che ha finalmente trovato a Udine un boia asettico e clinico, saremmo noi a usare il corpo di Eluana. Noi che lo vorremmo in pace, quel sinolo di anima e corpo che appartiene a una cittadina adulta e titolare del diritto alla cura e alla vita; loro che lo hanno sequestrato alle suore misericordine di Lecco e lo hanno gettato in una tetra stanza dove decine di volenterosi carnefici piagnoni lo affamano e lo assetano in reverente obbedienza a una sentenza definitiva. Alla faccia della moratoria contro la pena di morte, quel grido ipocrita della società abortista ed eutanasica ed eugenetica, quel gesto simbolico invocato contro le sentenze definitive di condanna a morte che ora viene rimproverato a noi, che vogliamo una moratoria anche per la Englaro, da questi sepolcri imbiancati.
Sarebbe il governo a fare un colpo di stato contro la Costituzione e il diritto. Bugiardi che non sono altro, calunniatori e mistificatori: è un quindicennio che i Defanti e i Mori e gli altri paranoici dell'eutanasia, insieme con i tiepidi testamentari biologici, fanno campagna sul corpo di Eluana Englaro. Una campagna disgustosa. Atrocemente sentimentale. Una campagna pubblica dissimulata nelle sordide cautele della pietà privata simulata. Che fa leva sulla paura della gente, sul pregiudizio ignorante in materia di disabilità, sulla spregevole indifferenza verso la carnalità pulsante, respirante, anelante della vita umana, quell'indifferenza morale che si dispiega nella società che loro amano, quella dell'aborto, dell'eugenetica, della distruzione della vita per migliaia e milioni di embrioni, dei protocolli che uccidono i down come le spine bifide.
Lo avevamo detto, con il professor Ratzinger, che in questo secolo si giocherà sulla vita la battaglia della ragione e del buonumore. Non pensavamo che ci saremmo trovati tanto presto, a queste tristi latitudini, di fronte a un protocollo costituzionale di morte per disidratazione. Non pensavamo che una generazione postideologica sarebbe rifluita tanto facilmente negli imperativi dell'etica nullista, e che questo vecchio popolo di sinistra sfregiato dalla distruzione della vita, della famiglia, della maternità, del sesso, dell'amore coniugale, dell'educazione, della cultura e della cura sarebbe riuscito a imporre una cappa di consenso coatto, totalitario, tale da portare in piazza gente che lotta contro la carità cristiana e la laica cura ippocratica dei malati, e che si prosterna di fronte all'idolo della morte. È un orrore funesto assistere a questa immonda accademia, uno schifo senza speranza.
2) «Eluana non voleva morire; le bugie del padre Beppino»
La redazione di Tg.com ha ricevuto questa lettera da Pietro Crisafulli (fratello di Salvatore che nel 2005 si risvegliò dopo due anni di stato vegetativo nel quale era caduto dopo un grave incidente stradale) e ha deciso di pubblicarla integralmente:
«In questi giorni di passione e sofferenza, nei quali stiamo seguendo con trepidazione il "viaggio della morte" di Eluana Englaro, non posso restare in silenzio di fronte a un evento così drammatico. Era il maggio del 2005 quando per la prima volta ho conosciuto Beppino Englaro. Eravamo entrambi invitati alla trasmissione "Porta a Porta". Da quel giorno siamo rimasti in contatto ed amici, ci siamo scambiati anche i numeri di telefono, per sentirci, parlare, condividere opinioni. Nel marzo del 2006 andai in Lombardia, a casa di Englaro, in compagnia di un conoscente. Dopo l'appello a Welby da parte di Salvatore, Beppino capì che noi eravamo per la vita. Da quel momento le strade si divisero. All'epoca anch'io ero favorevole all'eutanasia. Facemmo anche diverse foto insieme, e visitai la città di Lecco. Nella circostanza Beppino Englaro mi fece diverse confidenze, tra le quali che i rappresentanti nazionali del Partito Radicali erano suoi amici. Ma soprattutto, mentre eravamo a cena in un ristorante, in una piazza di Lecco, ammise una triste e drammatica verità.
Beppino Englaro si confidò a tal punto da confessarmi, in presenza di altre persone, che 'non era vero niente che sua figlia avrebbe detto che, nel caso si fosse ridotta un vegetale, avrebbe voluto morire'. In effetti, Beppino, nella sua lunga confessione mi disse che alla fine, si era inventato tutto perché non ce la faceva più a vederla ridotta in quelle condizioni. Che non era più in grado di sopportare la sofferenza e che in tutti questi anni non aveva mai visto miglioramenti. Entro' anche nel dettaglio spiegandomi che i danni celebrali erano gravissimi e che l'unica soluzione era farla morire e che proprio per il suo caso, voleva combattere fino in fondo in modo che fosse fatta una legge, proprio inerente al testamento biologico.
In quella circostanza anch'io ero favorevole all'eutanasia e gli risposi che l'unica soluzione poteva essere quella di portarla all'estero per farla morire, in Italia era impossibile in quanto avevamo il Vaticano che si opponeva fermamente. Ma lui sembrava deciso, ostinato e insisteva per arrivare alla soluzione del testamento biologico, perché era convinto che con l'aiuto del partito dei Radicali ce l'avrebbe fatta. (...)
Questa è pura verità. Tutta la verità. Sono fatti reali che ho tenuto nascosto tutti questi anni nei quali comunque io e i miei familiari, vivendo giorno dopo giorno accanto a Salvatore, abbiamo fatto un percorso interiore e spirituale. Anni in cui abbiamo perso la voce a combattere, insieme a Salvatore, a cercare di dare una speranza a chi invece vuol vivere, vuol sperare e ha diritto a un'assistenza e cure adeguate. E non ci siamo mai fermati nonostante le immense difficoltà e momenti nei quali si perde tutto, anche le speranze.
E non ho mai reso pubbliche queste confidenze, anche perché dopo aver scritto personalmente a Beppino Englaro, a nome di tutta la mia famiglia, per chiedere in ginocchio di non far morire Eluana, di concedere a lei la grazia, fermare questa sua battaglia per la morte, pensavo che si fermasse, pensavo che la sua coscienza gli facesse cambiare idea. Ma invece no. Lui era troppo interessato a quella legge, a quell'epilogo drammatico. La conferma arriva, quando invece di rispondermi Beppino Englaro, rispose il Radicale Marco Cappato, offendendo il Cardinale Barragan, ma in particolare tutta la mia famiglia. Noi tutti siamo senza parole e crediamo che il caso di Eluana Englaro sia l'inizio di un periodo disastroso per chi come noi, ogni giorno, combatte per la vita, per la speranza.
Per poter smuovere lo stato positivamente in modo che si attivi concretamente per far vivere l'individuo, non per ucciderlo. Vorrei anche precisare che dopo quegli incontri e totalmente dal Giugno del 2006, fino a oggi, io e Beppino Englaro non ci siamo più sentiti nemmeno per telefono, nonostante ci siamo incontrati varie volte in altri programmi televisivi" Pietro Crisafulli».
3) «La Chiesa non può impormi i suoi valori».
Lo ha detto Beppino Englaro, padre di Eluana, al quotidiano spagnolo El Pais, sottolineando che la Chiesa dovrebbe restare fuori dalla vicenda. "Non può impormi i suoi valori. Può dare un'opinione, ma quello che dice non ha niente a che fare con me o con Eluana", ha detto Englaro, aggiungendo che il magistero della Chiesa è morale e che lo Stato è laico.
Englaro ha affermato di aver chiesto aiuto nel 2004 a Berlusconi, con una lettera che però non ha mai ricevuto risposta, cosa che Palazzo Chigi nega. "È molto curioso che Berlusconi sia entrato ora in scena. Quando era primo ministro nel 2004 gli scrissi una lettera chiedendogli aiuto. Non rispose. Poiché la politica non ha fatto niente, mi sono rivolto ai giudici", ha aggiunto.
Una breve nota diffusa nel pomeriggio dal governo afferma però che "alla segreteria del Presidente del Consiglio non risulta una richiesta di intervento da parte del signor Englaro nell'anno 2004".
Una sentenza della Cassazione ha dato l'ok alla sospensione della nutrizione forzata che tiene in vita Eluana, trasferita martedì scorso in una clinica a Udine, ed Englaro ha sottolineato che il "protocollo sta andando avanti" così come ha previsto la legge. "I tre medici stanno tentando di attenersi al 100% al protocollo che ha deciso il giudice. Il nostro unico interesse è rispettare la legalità. Ci atteniamo scrupolosamente a quello che hanno detto i tribunali", ha spiegato Englaro.
Il padre di Eluana ha ribadito al giornale di agire per rispettare le volontà espresse della figlia: di vivere libera e con dignità, o morire."Essere condannati a vivere così è peggio di una condanna a morte", ha detto. "In famiglia, noi tre abbiamo parlato di questo molte volte, chiarendo la nostra posizione. Vita, morte, libertà, dignità. Siamo tre purosangue della libertà. Non abbiamo bisogno di ascoltare litanie. Né culturali, né religiose, né politiche".
4) Complimenti Napolitano!
«È morta all’improvviso, è morta da sola. È morta mentre il Parlamento discuteva e i soliti noti, da Dario Fo a Umberto Eco, firmatari di ogni sciagurato appello di questo Paese, si apprestavano a scendere in piazza per un girotondo. È morta, e se non altro la sua vita non ha dovuto subire anche l’ultima offesa di Oscar Luigi Scalfaro sul palco mentre lei moriva. È morta e suo padre era lontano. È morta di fame e di sete, con il respiro ridotto a un rantolo e il corpo disidratato che cercava acqua dentro gli organi vitali.
È morta in fretta, troppo in fretta per non generare sospetti. E intanto suona tragicamente beffardo leggere adesso, a tarda sera, le parole del suo medico curante che di prima mattina assicurava: «Lo stato fisico è ottimo, Eluana è una donna sana, pochi rischi fino a giovedì». Evidentemente la conosceva poco. Troppo poco. E forse per questo ha potuto toglierle la vita. È arrivata la morte, e la morte non è presunta. La volontà di morire di Eluana sì, invece, quella era e resta presunta: l’ha decisa un tribunale, sulla base di una ricostruzione incerta e zoppicante, con una selezione innaturale di testimonianze. Tre amiche (solo tre, le altre no), la determinazione del padre, un po’ di azzeccagarbugli: tanto è bastato per decidere di ucciderla nel modo più atroce.
Ricordiamolo: nessuna proposta di legge di quelle presentate in Parlamento, neppure quelle più favorevoli all’eutanasia, prevede la possibilità di una morte così. Eluana è stata la prima esecuzione di questo genere nella storia della Repubblica. E sarà l’ultima. Forse. Arriverà la legge, e non sarà presunta. Arriverà la legge e impedirà questo scempio. Ma oggi l’affannarsi di parlamentari alla Camera e al Senato, quel rincorrersi di cavilli e regolamenti, quelle riunioni di capigruppo, l’alternarsi di dichiarazioni e di emendamenti, appare soltanto quel che in realtà è: il nulla. Nulla di nulla. Un nulla che fa venire le lacrime agli occhi, però. La corsa contro il tempo, la convocazione notturna, i calcoli sui minuti: tutto inutile. Eluana è stata uccisa. Eluana era viva e adesso non c’è più. E allora, mentre molti chiedono il silenzio solo per nascondere le loro vergogne, non può non venire voglia di urlare le responsabilità che ricadranno su chi non ha fatto niente per impedire questo orrore.
In primo luogo i medici che non hanno accettato di ridare acqua e cibo a Eluana in attesa dell’approvazione della legge, nonostante i numerosi appelli. Poi Procura di Udine e Regione Friuli che hanno giocato per due giorni a scaricabarile.
E infine, sia consentito, anche il capo dello Stato che non ha firmato il decreto legge: in questa vicenda il Quirinale ha anteposto le ragioni di palazzo alla salvezza di una ragazza, ha preferito la cultura della morte al valore della vita. Siamo sicuri che se una responsabilità del genere se la fosse assunta il presidente del Consiglio, qualcuno della sinistra in questi minuti già chiederebbe le sue dimissioni. Ora, invece, vogliono che si taccia. D’accordo, ora taceremo. Non abbiamo nemmeno più voglia di parlare. Ma prima lasciateci dire un’ultima cosa. Prima lasciateci dire: complimenti, presidente Napolitano».
5) Il falso cinicamente travestito da verità: quando si mente sapendo di mentire!
«Non è possibile che Beppino abbia detto questo», mormorava ieri a Lecco Suor Rosangela, che con Suor Albina e le altre sorelle ha curato per 15 anni Eluana alla clinica Talamoni di Lecco, dopo aver letto sul Corriere di una Eluana che pesava 35 chili e il cui volto era deturpato dalle piaghe. «Forse si riferiva a questi ultimi giorni, dall’arrivo a Udine, ma come può essere cambiata così?», si chiedeva senza capire... Una settimana senza più cure né sollievi e quattro giorni senza cibo né acqua, sospesi per intero e all’improvviso [non doveva essere un processo graduale, lento, che si doveva concludere in una quindicina di giorni? Oppure è stato tutto anticipato per paura che il governo varasse una legge che impediva l’omicidio?], sono torture, è vero, ma possono bastare? «Da qui è andata via che era bella - taglia corto la suora - , del resto verranno pur fuori le cartelle cliniche, basterà andare a leggere l’ultimo bollettino di Defanti prima della partenza da Lecco. È scritta ogni cosa, qui in collaborazione con lui si seguiva un percorso ben preciso e dettagliato, risulterà tutto».
E le accuse di Beppino? Suor Rosangela alza le spalle lasciando trasparire solo affetto. «È un uomo tutto da capire». Ora che importanza può avere che Eluana avesse un aspetto salubre o malato, che fosse magra o in carne? Oggi davvero tutto questo sarebbe abissalmente lontano, persino grottesco. Se non fosse che quel corpo, anche ora che tace, continua a parlare, eccome se parla. E racconta anni di assistenza perfetta a tutti i livelli. O invece altrettanti anni di «violenze subìte», a sentire chi vorrebbe una Eluana scarnificata, «dalla faccia che si era rinsecchita come il resto del corpo», che «pesava meno di 40 chili», le cui «braccia e gambe erano rattrappite» , con il viso tutto piagato da «quelle lacerazioni che ai vecchi vengono sul sedere o sulla schiena ma a lei anche in faccia»... Questo si leggeva infatti sul Corriere della Sera di ieri a firma Marco Imarisio, questo il papà di Eluana gli riferiva «ancora ieri mattina » (cioè lunedì 9, giorno della morte), offrendo un quadro raccapricciante dello stato di sua figlia (che lui ha visto per l’ultima volta martedì 3, il giorno dopo l’arrivo a Udine: e poi? La presentazione del suo libro era più importante dell’assisterla, dello starle vicino nelle ultime ore di vita?).
Bisognerebbe solo tacere, adesso, ma simili dichiarazioni disorientano un’opinione pubblica che non sa più dove sta la verità e ha diritto di sapere: perché l’uccisione di Eluana non è (e non è mai stata) un fatto privato, e oggi sostenere che fosse in stato terminale, un lumicino che attendeva solo un soffio per spegnersi, suona come una gravissima e fuorviante deriva. L’ennesima. Difficile, peraltro, da sostenere: non solo lo stesso neurologo Carlo Alberto Defanti ancora l’altroieri (lunedì 9), non prevedendo il crollo della paziente, insisteva sulle sue “ottime” condizioni fisiche («al di là della lesione cerebrale è una donna sana, mai una malattia, mai un antibiotico, probabilmente resisterà più a lungo della media»), ma curiosamente lo stesso Corriere per due giorni consecutivi ha affidato a un’altra dei suoi inviati a Udine la descrizione dello stato di Eluana, di segno opposto a quella del collega: per altri tre o quattro giorni, scriveva infatti Grazia Maria Mottola sabato 7 febbraio, «il suo volto resterà ancora intatto, le guance piene, gli occhi allungati, le labbra rosa...», certo, aggiungeva poi, non ha più l’ombretto azzurro sulle palpebre né le pose da modella delle foto di vent’anni fa, ma è «pur sempre bella anche oggi, soprattutto per la pelle, ancora bianca e distesa». Solo tra qualche giorno, diceva dopo aver sentito Defanti e De Monte, «il viso comincerà ad affilarsi, e zigomi e naso spunteranno sempre più pronunciati. Ma nessuno permetterà che la sua pelle si raggrinzisca e perda il candore».
Ancora lo stesso quotidiano e la stessa cronista, domenica 8 febbraio, dedica un intero articolo a descrivere un’Eluana che è ovviamente «l’immagine sbiadita della bruna stupenda» di un tempo, ma ha gli stessi lineamenti solo più delicati ed è ancora bella. La giornalista rivela di averla vista dal vivo nella stanza di Lecco più volte, anche a ottobre nel giorno in cui un’emorragia se la stava portando via. Anche in quelle condizioni «la pelle è chiara e distesa, gli occhi profondi che non si fermano mai», ma la bocca «si apre e si chiude boccheggiando» per la morte che pare imminente. Invece la crisi passa e pochi giorni dopo «il viso è sempre lo stesso», la vita riprende i suoi ritmi con «le passeggiate in carrozzella, la ginnastica tra le mani delle suore». E, aggiungiamo noi, di quattro fisioterapisti che tutti i giorni si alternavano per tenere tonici i muscoli e sano il fisico. Girata continuamente nel letto antidecubito, Eluana non aveva una piaga e i suoi arti erano sodi grazie alla ginnastica passiva, quella che migliaia di altri pazienti in stato vegetativo purtroppo non ottengono, dati i costi di simili trattamenti. Allo stesso Defanti la sera dell’emorragia avevamo chiesto personalmente come Eluana potesse essere così florida e sana, senza una piaga, e il medico aveva attribuito senza esitazioni il merito «a queste suore che volontariamente la assistono con una competenza e abnegazione che io non ho mai visto altrove».
E così stridono ancora di più le ultime dichiarazioni rilasciate ieri sera da Beppino al TG del Friuli: «Non perdòno la mancanza di rispetto nei riguardi di Eluana e della mia famiglia tutti questi anni. Eluana ha subìto non un accanimento terapeutico, ma una violenza terapeutica: non voleva che nessuno le mettesse le mani addosso e loro lo hanno fatto continuamente per 17 anni». Anche dinanzi a queste insinuazioni ingiuriose le suore chiedono solo silenzio e preghiera, e ancora ieri si preoccupavano per Beppino, l’uomo che hanno sempre rispettato al punto da essere state inflessibili guardiane di quella figlia diventata anche loro, al cui capezzale non accedeva nessuno - senza eccezioni se non era accompagnato dallo stesso Englaro.
Ieri per ultima alla ridda di voci si è aggiunta quella di Marinella Chirico, giornalista Rai, che domenica pomeriggio, quando Eluana era già priva di cibo e acqua da tre giorni, proprio da papà Beppino è stata fatta entrare nella stanza della figlia assieme al fratello Armando Englaro: «Mi ha chiesto di vederla perché “critiche ferocissime e crudeli” mettevano in dubbio il suo stato reale», spiega la collega, che là dentro scopre che Eluana, dopo 17 anni di stato vegetativo, «è irriconoscibile rispetto alle foto» (di venti anni prima e di ragazza sana), che è «una donna completamente immobile», che «gli infermieri sono costretti a girarla ogni due ore», per evitare il decubito (come a Lecco si è fatto per 15 anni), che solo le orecchie «presentano lesioni» in quanto «unica parte del corpo non tutelabile nemmeno girandola»… C’è da chiedersi come immaginava che fosse uno stato vegetativo (incontrare questi pazienti è sempre una delle esperienze più toccanti) e se avesse nella sua vita avvicinato già altri pazienti del genere (ma certo non curati come Eluana).
A questo punto, però, di «ferocissimo e crudele» c’è solo un terribile sospetto: se davvero una settimana nella casa di riposo di Udine è bastata, come dice la Chirico, a fare di Eluana un corpo la cui vista era devastante, che cosa le hanno fatto? Come si distrugge in sette giorni un equilibrio stabile da quindici anni? Per Eluana ormai non c’è più nulla da fare, ma a chi di dovere ora almeno l’obbligo di far emergere tutta la verità.
6) Eluana, uccisa dall’amore di chi non sa più cosa vuol dire amare
Diceva Jean Cocteau che il verbo amare è uno dei più difficili da coniugare: il suo passato non è semplice, il suo presente non è indicativo e il suo futuro non è che condizionale. Poche figlie sono state più amate di Eluana Englaro, nata a Lecco il 25 novembre 1970 e morta per fame e per sete a Udine il 9 febbraio 2009. L’ha amata disperatamente sua madre, al punto da voler scomparire con lei dalla scena pubblica ben prima che questa catastrofe collettiva avesse un prologo e un epilogo. L’ha amata suo padre, tanto da pretendere per lei la morte pur di sottrarla alla cosiddetta «non vita». L’hanno amata suor Albina e le suore misericordine di Lecco, che l’hanno accudita con eroica abnegazione per 17 anni e se la sono vista portar via con la forza, avendo solo il tempo d’inviarle un’ultima carezza via etere, dal Tg1: «Eluana, non avere paura di quello che ti succederà». L’hanno amata i medici, che si sono prodigati prima per restituirla alla sua gioventù, poi per alleviarne le sofferenze e infine per «liberarla» dal suo corpo trasformatosi in gabbia. L’hanno amata i magistrati, che hanno decretato che cosa fosse buono e giusto per lei. L’hanno amata gli amici, che si sono presentati puntualmente nelle corti di giustizia per parlare a suo nome, per testimoniare che Eluana aveva detto così, che Eluana avrebbe voluto cosà. L’ha amata il signor presidente della Repubblica, che con accenti dolentissimi s’è preoccupato acciocché la sostanza non avesse a prevalere sulla forma. L’hanno amata gli eletti dal popolo, anche se non fino al punto di rinunciare al loro week-end. L’hanno amata i giornali, che si sono industriati per spiegare ai lettori argomenti per lo più oscuri alla maggioranza di coloro che vi lavorano. L’abbiamo amata noi, gli italiani, equamente divisi fra quelli che fino all’ultimo non si sono rassegnati a vederla condannata al più atroce dei supplizi e quelli che hanno ostinatamente cercato in tutti i modi di farla ammazzare per il suo bene.
Povera Eluana, uccisa dall’eccesso di amore! Accadde la stessa cosa ad Alessandro Magno, di cui i libri di storia ancor oggi narrano che morì grazie all’aiuto di troppi medici. Proprio come te. L’evidenza, sotto gli occhi di tutti, è che gli italiani non sanno più coniugare il verbo amare. Né al passato, né al presente, né al futuro. Dovrebbero andare a ripetizione. Già, ma da chi? Io un’idea, politicamente scorretta ai limiti dell’osceno, mi permetto di suggerirla: da Dio.
Sì, dall’Onnipotente, un tempo Onnipresente, che invece è divenuto il Grande Assente in questa nostra società, e non certo per Sua volontà. Ma poiché il signor Beppino Englaro ha spiegato che nessuno gli può imporre i valori della trascendenza, mi fermo sull’uscio del suo cuore, da ieri sera più vuoto che mai. Se solo questo padre sventurato ce l’avesse consentito, se solo avesse lasciato che sua figlia continuasse a sperimentare lo scandalo di mani pietose che per anni l’hanno lavata, pettinata, nutrita, vestita, girata nel letto, portata a spasso in giardino, oggi avrei provato a consolarlo, pur reputandolo il primo responsabile di questa tragedia, con le parole di don Primo Mazzolari, un parroco di campagna col quale si sarebbe inteso al primo sguardo: «Due mani che mi prendono quando più nessuna mano mi tiene: ecco Dio». Può non crederci, ma dalle 20.10 di ieri sera Eluana è in mani sicure. E anche con le parole di un Papa che passava per buono e che un giorno confortò così i malati radunati davanti al santuario della Madonna di Loreto: «La vita è un pellegrinaggio. Siamo fatti di cielo: ci soffermiamo un po’ su questa terra per poi riprendere il nostro cammino». Può non crederci, ma sua figlia era fatta più di cielo che di materia. Purtroppo gli uomini del terzo millennio ormai bastano a loro stessi. Hanno la Costituzione, il Parlamento, le Leggi, la Società Civile, la Laicità, le Opinioni, la Libertà di Coscienza e insomma un po’ tutto quel che gli serve per essere felici su questa Terra. Non hanno più bisogno di Dio. Per questo Dio è stato abrogato. Allora ascoltino almeno le parole di uno psicoanalista, Carl Gustav Jung. Così saggio da ricordare a se stesso e ai suoi pazienti che «il timor di Dio è l’inizio della sapienza». Così lungimirante da far scolpire sei parole nella pietra sulla porta della propria casa: «Vocatus atque non vocatus, Deus aderit». Invocato o non invocato, Dio verrà. E quel giorno, sarà un giorno d’ira!.
7) Ti hanno uccisa. adesso fa' che non disperino
Ce l’hanno fatta, Eluana. Ti hanno ucciso! Sono bastati pochi giorni di “cura” in quella stanza-lager, affittata a dei “volontari” della morte, per compiere la tua esecuzione.
Per 17 anni avevi vissuto tranquilla, nutrita, dissetata, accudita, lavata, amata. Poi sei finita nelle maglie del gelido protocollo dove tutto era già scritto, dove la condanna veniva cinicamente sancita e regolata, passo dopo passo, fino a stabilire cosa fare del tuo corpo dopo il decesso.
Da quando sei entrata nel lager, è iniziata la terribile corsa e il terribile duello. Da una parte gli angeli della vita, dall’altra quelli della morte. Hanno vinto loro, gli angeli della morte.
Quelli che dicevano che eri già morta, che eri solo un pezzo di carne. Quelli che emettevano sentenze nei tribunali facendo finta di conoscere la tua vera volontà. Quelli che hanno brigato a livello politico per ritardare, per ostacolare, per impedire che si facesse qualcosa per evitare il tuo sacrificio. Quelli che combattono la loro crociata per imporre l’eutanasia in Italia. Quelli che chiedevano il silenzio, per fare meglio il loro sporco lavoro. Quelli che non possono nemmeno più definirsi medici o infermieri. Quelli che, con tutta probabilità, hanno accelerato le procedure del protocollo.
Non potevi non morire, sola contro tutti, in quella stanza anonima, rigorosamente appartata dal resto del mondo, impenetrabile se non per i tuoi aguzzini.
Oggi, dopo la tua morte, siamo tutti affranti e tutti più deboli e indifesi. A cominciare da quei duemila che in Italia sono nelle tue stesse condizioni. Per continuare con gli handicappati, i malati gravi, i soggetti più deboli della società. Per finire con i bambini nelle pance delle madri, che qualcuno (pazzo) potrebbe ritenere eliminabili solo perché incapaci di nutrirsi da soli.
Oggi in Italia la cultura della morte ha messo a segno un’altra vittoria. Non le è bastato lo sterminio creato in vent’anni con l’aborto. Vuole aprire una nuova era, che porterà ad altre barbare uccisioni e ad un ulteriore affievolimento delle coscienze.
Sei stata usata. Ti hanno buttato sulle prime pagine dei giornali. Girano le pubblicità del libro che racconta la tua storia. Sei stata venduta. Prima ti hanno fatta diventare un personaggio da copertina, poi hanno preteso che nessuno s’interessasse più a te, nel momento in cui esercitavano il loro potere su di te.
Oggi siamo tutti sconfitti e tutti più deboli, perché oggi è stato nella pratica rafforzato il principio già introdotto con l’aborto, in base al quale un uomo ha potere di vita e di morte su un altro uomo.
In nome della libertà, della pietà, dell’autodeterminazione. E’ la barbarie più ipocrita.
Ma non bisogna piangere. La tua storia, il tuo sacrificio, aprirà spazi di bene, risveglierà coscienze smarrite e sonnolente. Quando il male tocca il culmine, è l’inizio della sua fine.
Sei giunta martire alla Casa del Padre. Adesso prega per noi. Aiutaci, da lassù, a ritrovare la via del bene, della ragione, del rispetto radicale della vita che ci è stata donata.
E prega per i tuoi genitori. Abbi pietà di loro. Consolali e illuminali con la tua presenza. Fa’ che capiscano, che si convertano, che non disperino.
8) L’hanno uccisa!
Eluana Englaro è morta ieri sera poco dopo le otto. La morte ha un potere tremendo, che è anche quello di far apparire di colpo futili, ignobili, vane («vanità della vanità», dice la Bibbia) tante nostre passioni, litigi, divisioni. Ma ha anche il potere di essere terribilmente reale, vera, tangibile pur se si tratta di un vuoto: così che all’improvviso tutti i discorsi fatti prima appaiono per quello che erano: teoria, astrazione, a volte inganno. Per settimane abbiamo parlato tutti di un qualcosa di cui abbiamo preso coscienza soltanto quando è davvero accaduto.
Eluana Englaro è morta, e se non fosse una tragedia farebbe sorridere l’ipocrisia di una cronaca d’agenzia letta ieri sera subito dopo il fatto: «Eluana Englaro ha cessato definitivamente di vivere», come se si potesse cessare di vivere anche non definitivamente. Arzigogoli verbali per sostenere, ancora una volta, una tesi, e cioè quella secondo cui Eluana era già morta, almeno un po’, diciassette anni fa, e adesso è morta del tutto. Ma come dicevamo la morte ha il potere di farci sbattere il muso contro la realtà. Solo ieri sera abbiamo fatto i conti davvero con la fine di Eluana. Quanti discorsi si sono rivelati grotteschi. Quello ad esempio del «vegetale»: ieri sera è morta una persona, non una pianta. Una persona privata di quasi tutto: ma una persona il cui valore e la cui dignità non erano inferiori di un nulla rispetto al più forte e il più sano degli esseri umani. Il Vaticano ha invocato il perdono di Dio per coloro che hanno deciso di accelerare il corso della natura. Noi più modestamente speriamo che un Dio esista, e che Eluana ora sia fra le sue braccia, godendo finalmente di una felicità che qui sulla terra un destino malvagio le ha negato. Se così fosse, non c’è dubbio che Eluana sta meglio adesso.
Eppure noi ci siamo battuti contro questo epilogo, che riteniamo un grave errore. Non abbiamo certezze sulla vita e sulla morte. Ma proprio per questo abbiamo pensato che nessuno le possa avere: e nell’incertezza, nel dubbio, noi crediamo che non spetti all’uomo porre fine alla vita di un altro uomo. Non raccontiamoci bugie sul rispetto della volontà di Eluana: chiunque capisce che è impossibile ricostruire una volontà su testimonianze tanto farraginose, su mezze frasi (forse) pronunciate in un’età in cui tutto urla per la vita, e nulla induce a riflettere sulla morte. Che la morte procurata alla «Quiete» (un nome che d’ora in poi sarà imbarazzante esibire) sia stata voluta da Eluana, è una pietosa bugia per coprire la scelta di un uomo disperato che non ce la faceva più, e che aveva certamente mille motivi per non farcela più. Abbiamo anche pensato, e continuiamo a pensarlo, che troppi lati oscuri rendono inaccettabile una morte così. Le modalità, intanto: per fame e per sete, un’agonia atroce come quella di Terri Schiavo.
L’illegalità, perché bisogna avere gli occhi, anzi la ragione bendata per non riconoscere che i giudici della Corte d’appello di Milano hanno autorizzato qualcosa che non è previsto dalla legge, travalicando il loro potere costituzionale. La sorprendente iniziativa del presidente Napolitano, che oggi molti considerano vittima di un attacco istituzionale da parte del governo, e che invece si è reso lui protagonista di un atto senza precedenti, e cioè l’invio di una lettera di bocciatura preventiva a un decreto non ancora emesso. La strumentalizzazione politica da parte di molti, e per favore non diciamo che tra gli strumentalizzatori ci sono anche coloro che hanno preso decisioni disapprovate dalla stragrande maggioranza degli italiani. Può darsi che noi avessimo torto, e che gli altri avessero ragione. Però, siccome come dicevo la morte ha il tremendo potere di metterci di fronte alla realtà, ci chiediamo: se aveva ragione chi la pensava diversamente da noi, perché adesso non esulta? Se davvero impedire la morte era «una violenza inaudita», come abbiamo letto, perché ora nessuno gode della fine di questa violenza? E coloro che parlavano della «battaglia di Beppino Englaro», hanno ora il coraggio di dire e di scrivere «Beppino Englaro ha vinto la sua battaglia»? Dov’è la vittoria, nella morte? «Lasciatemi solo», ha detto ieri sera il povero papà di Eluana. Resterà solo, resterà. Certo non troverà consolazione tra coloro che l’hanno utilizzato per sfondare una porta, per creare un precedente, per far sì che l’uomo sia sempre più padrone della vita propria (illusione: nessuno è padrone della propria vita) e di quella degli altri. Vedremo, fra qualche anno, se non sarà così. Se dai diciassette anni di coma non si passerà ai diciassette mesi o diciassette giorni; se non si dirà che in fondo anche l’Alzheimer è uno stato di totale incoscienza, e così via. È un film che abbiamo già visto con l’aborto. Si è partiti dai casi limite - le gravidanze per stupro, le gravissime malformazioni - e si è arrivati a totalizzare più di cinque milioni di aborti legali, solo in Italia, in trent’anni. Se davvero la battaglia di Beppino Englaro era per il suo bene, dov’è ora il suo sollievo? Dove la sua pacificazione? Non pretendiamo di entrare in quel che sta provando ora. Ma che sia sereno e sollevato, non ci crediamo neppure un po’. Fra i poteri tremendi della morte c’è anche quello di svelare, di colpo, un inganno. Lasciamolo solo come lui ci chiede, quest’uomo così sfortunato. Ne ha il diritto. Ma certamente un giorno, forse molto presto, la solitudine non gli basterà più, sarà lui a cercare qualcuno che lo possa capire, accogliere, amare. E guardate, magari ci sbaglieremo, ma secondo noi questa compagnia non la troverà fra coloro che lo hanno tanto spalleggiato in questi anni, assecondandolo e a volte usandolo. Più facile, molto più facile, che la troverà tra quelle suore misericordine che Eluana l’hanno accudita e amata per diciassette anni, senza chiedersi che cosa dice la Costituzione, senza chiedersi dove comincia e dove finisce una persona.
(Fonti: 1. Giuliano Ferrara, Il foglio, 9 febbraio 2009; 2. Tg.com, Pietro Crisafulli, 8 febbraio 2009; 3. Agenzia Reuters, 8 febbraio 2009; 4. Mario Giordano, il Giornale, 10 febbraio 2009; 5. Lucia Bellaspiga, Avvenire, 11 febbraio 2009; 6. Stefano Lorenzetto, Il Giornale n. 6 del 9 febbraio 2009; 7. Gianluca Zappa, La Cittadella, 10 febbraio 2009; 8. Michele Brambilla, Il Giornale, 10 febbraio 2009)
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